A Gubbio mons. Fisichella torna a parlare della difesa della vita dall'inizio alla
fine naturale
La vita va rispettata fin dal suo inizio: un embrione non è un ammasso di cellule,
una muffa, ma diventerà un feto e poi un bambino. Il presidente della Pontificia Accademia
per la Vita, mons. Rino Fisichella, ha ribadito le posizioni della Chiesa in materia
di bioetica in un dibattito a Gubbio sull’enciclica “Caritas in veritate” con il ministro
italiano dell’Economia, Giulio Tremonti. Al centro dell’enciclica c’è lo sviluppo
della persona, considerata nella sua “unità fondamentale”, un’unità che impone il
rispetto di ogni vita, dal concepimento naturale alla morte naturale. E quando nell’enciclica
il Papa difende l’ecologia ambientale, chiede che anche la vita umana sia difesa nella
sua pienezza. Per questo, ha sottolineato il presule, la Chiesa è contraria alle produzione
di embrioni in eccesso e al loro congelamento. Da un embrione nascerà un uomo o una
donna. Ma quando si parla invece di fine vita, con i progressi della scienza, a chi
spetterà stabilire il limite della morte? All’uomo o alla macchina? Per questo, ha
spiegato mons. Fisichella, non si può ridurre la vita soltanto a una condizione biologica.
E se in una società laica e pluralista può esistere una morale laica, l’etica invece
è universale. (A cura di Valentina Fizzotti)