Messaggio per la fine del Ramadan: cristiani e musulmani uniti per sconfiggere povertà
ed estremismo che si impossessa del nome di Dio
“Il povero ci interpella, ci sfida, ma soprattutto ci invita a collaborare per una
nobile causa: quella di vincere la sua povertà”: è l’esortazione contenuta nel messaggio
del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso “agli amici musulmani”, in
occasione della fine del Ramadan. Tema del documento, a firma del cardinale Jean-Louis
Tauran, presidente del dicastero vaticano, è appunto: Cristiani e musulmani, insieme
per vincere la povertà. Il servizio di Alessandro Gisotti:
“La povertà
umilia e genera sofferenze intollerabili”: è quanto denuncia il messaggio per la fine
del Ramadan, a firma del cardinale Jean-Louis Tauran. Queste sofferenze, scrive il
presidente del dicastero per il dialogo interreligioso, “sono spesso all’origine di
isolamento, di ira, addirittura di odio e di desiderio di vendetta”. Ciò, si legge
nel messaggio, “potrebbe spingere ad azioni di ostilità con tutti i mezzi disponibili,
cercando di giustificarli anche con considerazioni di ordine religioso: impossessarsi,
in nome di una pretesa ‘giustizia divina’, della ricchezza dell’altro, ivi compresa
la sua pace e sicurezza”. Per questo, scrive il porporato, “respingere i fenomeni
di estremismo e di violenza esige necessariamente la lotta contro la povertà attraverso
la promozione di uno sviluppo umano integrale”, che Paolo VI definì come “il nuovo
nome della pace”.
“L’attenzione, la compassione e
l’aiuto che tutti, fratelli e sorelle in umanità, possiamo offrire a colui che è povero
per ridargli il suo posto nella società degli uomini – prosegue il messaggio – è una
prova vivente dell’Amore dell’Altissimo, poiché è l’uomo in quanto tale che Egli ci
chiama ad amare e ad aiutare, senza distinzione di appartenenza”. Il cardinale Tauran
ricorda inoltre che l’ultima Enciclica di Benedetto XVI, “Caritas in veritate”, mette
in luce “la necessità di una nuova sintesi umanistica” giacché un autentico sviluppo
“non potrà non essere ordinato a tutto l’uomo ed a tutti gli uomini”. Ancora, il messaggio
distingue tra due tipi di povertà: una “da combattere” e una “da abbracciare”. La
povertà da combattere, viene ribadito, “è sotto gli occhi di tutti: la fame, la mancanza
di acqua potabile, la scarsità di cure mediche e di alloggi adeguati, la carenza di
sistemi educativi e culturali, l'analfabetismo, senza peraltro tacere dell'esistenza
di nuove forme" di miseria. La povertà da scegliere è invece “quella che invita a
condurre uno stile di vita semplice ed essenziale, che evita lo spreco, rispetta l’ambiente
e tutti i beni della Creazione”. E’ questa una povertà che “predispone ad uscire da
noi stessi e dilata il cuore”.
“Come credenti – afferma
il cardinale Tauran - desiderare la concertazione per cercare insieme soluzioni giuste
e durature al flagello della povertà significa anche riflettere sui gravi problemi
del nostro tempo e, quando è possibile, impegnarsi insieme per trovare una risposta”.
É necessario, in tale contesto, che “il riferimento agli aspetti della povertà legati
alla globalizzazione delle nostre società rivesta un senso spirituale e morale, poiché
condividiamo la vocazione a costruire una sola famiglia umana nella quale tutti –
individui, popoli e nazioni – regolano i loro comportamenti secondo i principi di
fraternità e responsabilità”. A proposito dei rapporti tra cristiani e musulmani,
nota infine il messaggio, è stato raggiunto “un importante traguardo”: in diversi
luoghi, infatti, partendo “da un vissuto comune e da preoccupazioni condivise” si
è “passati dalla tolleranza all’incontro”.