Domani la conclusione del Festival di Venezia: il bilancio di Marco Müller
A pochi giorni dal termine della Mostra del Cinema di Venezia, il direttore Marco
Müller incontra la Radio Vaticana e riflette sull’importante presenza quest’anno di
film che in modo maturo e mai banale sono stati capaci di affrontare le questioni
e le aspettative più intime e nascoste che toccano l’animo umano e governano le sue
scelte. Il servizio di Luca Pellegrini:
“Il cinema
come avrebbe potuto essere assente dai grandi temi che assillano la società?”, si
è domandato il presidente della Biennale Paolo Baratta. Venezia è in questi giorni
il punto di prima risonanza di questi problemi e il cinema, nei film proiettati, reagisce
in modo forte. Quando siamo ormai al termine del percorso della Mostra, un fatto non
può essere ignorato: molti di questi problemi e temi sono invisibili e diversamente
percepibili, toccano l’anima e il cuore. Una scelta equilibrata e intelligente ha
contraddistinto in questo senso il lavoro del direttore della Mostra, Marco
Müller:
R. – Il nostro lavoro di selezione abbiamo cercato
di farlo, non soltanto con passione e determinazione, ma anche con un’onestà che viene
per far coincidere una battaglia estetica con una battaglia su alcuni valori etici
del cinema, che per noi sono fondamentali. Per questo per noi era importante andare
ogni volta a cogliere alcune delle punte, perché non vedo altro modo per chiamarle,
di un cinema estremamente riflessivo. E per noi più importante è partire da alcuni
dei film che ci hanno emozionato e che abbiamo proprio per questo programmato in modo
da scandire la mostra. Film che ci dicono come di fronte alle crisi, di fronte ai
traumi del presente, raccogliendosi in se stessi, gli uomini e le donne possono poi
ritrovare le ragioni del continuare a vivere.
D.
- Da Jessica Hausner a Francesca Comencini, dalle donne del regista cinese Yonfan
a quelle della persiana Shirin Neshat: sembra che quest’anno la donna sia particolarmente
attenta e sensibile a percepire la realtà che ci circonda, frutto della storia e di
scelte responsabili.
R. – Questo è stato vero per
molti di quei Paesi, dove la rappresentazione di quello che era accaduto, di come
si è vissuto in un clima oppressivo, con un regime politico oppressivo, doveva fare
perno sulle donne. Le donne erano quelle che avevano vissuto più profondamente gli
effetti che le deviazioni ai gomiti di una linea politica avevano avuto sui rapporti
interpersonali. Stavolta, improvvisamente, questo discorso lo si fa a tutto campo
sulle nostre società così dette occidentali e avanzate.
D.
- Müller, qual è il momento del suo lavoro che le dona più profonda emozione, rimanendo
a contatto ogni giorno con gli artisti e il pubblico che visitano la Mostra veneziana?
R.
– Devo dire che - anche se ormai invecchiando sono più capace di controllare le mie
emozioni - io delle volte mi trovo con le lacrime agli occhi, come se fossi uno di
quelli che il film l’hanno fabbricato. In fondo, noi fabbrichiamo appunto la mostra
con dei mattoni che altri ci hanno regalato, però proprio per questo ci sentiamo molto
vicini alle opere e a chi le ha firmate.