Mons. Zani: non vogliamo lo Stato catechista ma che venga riconosciuto il valore dell’insegnamento
della religione
Un testo per ribadire il valore dell’insegnamento della religione cattolica nella
formazione integrale dei giovani: questo il senso della Lettera circolare inviata
nel maggio scorso dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica a tutti gli episcopati
del mondo e di cui viene dato oggi ampio risalto dalla stampa italiana. Un testo dunque
noto da tempo, che indica principi e orientamenti, ma che non entra nello specifico
delle legislazioni di alcun Paese. Sulle motivazioni che hanno portato alla pubblicazione
di questa lettera, Alessandro Gisotti ha intervistato mons. Angelo Vincenzo
Zani, sotto-segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica:
R. – E’ nata
qui, nella Congregazione, proprio in seguito agli incontri che noi abbiamo periodicamente
con gli episcopati di tutto il mondo, che vengono a Roma per le visite ad Limina.
In queste visite ad Limina si vengono a conoscere le situazioni nel dettaglio di ogni
Paese, situazioni legate a legislazioni scolastiche differenti. Quindi, di fronte
a questo scenario estremamente pluralistico dal punto di vista culturale e normativo,
è nata l’esigenza di rifocalizzare quello che è il pensiero della Chiesa.
D.
– Quali sono i punti qualificanti di questa Lettera circolare, pensando per esempio
anche a quanto Benedetto XVI tenga alla “emergenza educativa”?
R.
– Appunto, in un certo senso possiamo dire che è stata sollecitata anche da questi
interventi ricorrenti del magistero di Benedetto XVI, rivolto non soltanto all’Italia;
anche negli incontri che il Santo Padre tiene con i vescovi, che vengono in visita
ad Limina, compresa l’ultima Enciclica sociale “Caritas in veritate”, il tema dell’emergenza
educativa è una costante. Qui abbiamo semplicemente ripreso l’impostazione della “Gravissimum
educationis”, che secondo noi risulta di un’attualità estrema, perché ribadisce che
se non si investe nell’educazione non diamo un contributo per la promozione del cittadino
singolo e alla formazione del cittadino finalizzata ad edificare il bene comune. L’altro
punto: l’insegnamento della religione cattolica offre un suo contributo specifico
e il contributo sarà sempre più qualificato nella misura in cui l’insegnamento della
religione è identificato, cioè non si perde in un insieme di principi confusi. Più
oggi aumenta la cultura pluralistica, più abbiamo bisogno di avere proposte chiare,
proposte che non si impongono, ma che si pongono come elementi fondamentali sui quali
si può costruire effettivamente una persona matura in tutte le sue dimensioni.
D.
– L’insegnamento della religione, ribadisce la circolare, è differente e complementare
alla catechesi. Oggi invece leggiamo, per esempio, sulla stampa italiana che il Vaticano
vorrebbe uno Stato catechista...
R. – Veramente qui
siamo completamente fuori da quello che è il pensiero sempre espresso, e se si ha
la pazienza, se anche il mondo della comunicazione avesse la pazienza di leggere attentamente
quello che la Chiesa scrive - da sempre e soprattutto dal Concilio ad oggi, visto
che abbiamo citato la “Gravissimum educationis” - si coglierebbe che le cose non stanno
così, perché in tutti i documenti si dice con molta chiarezza che c’è una netta distinzione
tra la catechesi e l’insegnamento della religione cattolica: si tratta sempre di religione
cattolica, ma mentre la catechesi è un percorso finalizzato a far interiorizzare questi
valori, nel senso di far fare una scelta e una maturazione di fede, dall’altra, questi
contenuti, nell’insegnamento della religione cattolica, si presentano innanzitutto
sotto forma disciplinare, offerta a tutti, certamente non finalizzata ad un’adesione
di fede, ma tuttavia non si può sottrarre alle persone la possibilità di conoscere
quello che fa parte di una cultura.