2009-09-10 14:28:13

Il patriarca Scola al Festival di Venezia per il docufilm su Matteo Ricci


Il patriarca di Venezia Angelo Scola è intervenuto questa mattina alla Mostra del Cinema di Venezia in occasione della presentazione del docufilm “Matteo Ricci un gesuita nel regno del drago organizzata dalla Fondazione Ente dello Spettacolo. Un’occasione per riflettere sull’importanza storica e missionaria del grande gesuita che ha portato nella Cina del XVI secolo la Parola di Cristo e il messaggio del Vangelo. Il servizio di Luca Pellegrini:RealAudioMP3

In vista del quarto centenario della morte di Matteo Ricci, apostolo del cristianesimo nelle terre di Cina, che ci ha fornito un modello attuale di inculturazione del Vangelo ed evangelizzazione delle culture, è stato presentato a Venezia in un incontro organizzato dalla Fondazione Ente dello Spettacolo il documentario a lui dedicato scritto e diretto dal regista albanese Gjon Kolndrekaj. Il patriarca di Venezia ha sempre messo in evidenza la vocazione della città lagunare come luogo di scambio e di incontro tra culture portatrici di valori e di semi d’umanità. Al cardinale Scola abbiamo chiesto se Matteo Ricci, come uomo di Chiesa, e Venezia, come città del dialogo, trovano così una comune vocazione

"Direi di sì. Una vocazione legata alla straordinaria figura di questo grandissimo gesuita e alla sua appassionata ricerca di una via d’inculturazione nella grande Cina. Questa via ha seguito un metodo preciso: potremmo chiamarlo il metodo dell’amicizia, della condivisione, che certamente dipendeva dalla forte domanda di “perché” e quindi dal gusto di conoscenza che ne deriva che, a sua volta, dipende da un’assunzione della sequela di Cristo nella sua integralità. L’uomo che segue Cristo è mobilitato nella sua libertà e, a seconda delle energie, delle doti e dei doni che si ritrova diventa capace delle imprese più formidabili, come ci dimostra Ricci. La cosa che però mi ha impressionato di più, chinandomi un po’ su questa figura, è proprio “l’amicizia come metodo d’inculturazione”, userei proprio questa formula. L’inculturazione non è cioè una strategia, comincia da una condivisione. Da dove parte? Parte dalla convinzione che tutti gli uomini, al di là delle loro radicali differenze – possiamo immaginare cosa fossero allora queste differenze – hanno in comune un’esperienza elementare: quella che gli antichi chiamavano “l’humanitas”. Hanno cioè uno sguardo unitario sulle questioni decisive della vita, che si colora poi a seconda delle culture e delle religioni. Ricci considera questo sguardo unitario come il valore pratico della convivenza. Questo sguardo è un’esperienza e non una teoria. Lui non va alla ricerca di una teoria comune. Lui si gioca nel paragone a partire da questa ferma convinzione".

 
Matteo Ricci, originario di Macerata, è stato il primo missionario ad avere aperto il dialogo con la Cina e l’Estremo Oriente. Oggi le incomprensioni spesso pongono barriere all’ascolto dell’universale messaggio del Vangelo. Nel XVI secolo la pratica missionaria di Ricci, assistito dalla Provvidenza, ebbe un grande successo. All’arcivescovo di Macerata, mons. Claudio Giuliodori, abbiamo chiesto che cosa ci insegna oggi padre Matteo:

 
“Ci insegna innanzitutto l’umiltà che è necessaria per chiunque si voglia mettere in dialogo. Padre Matteo è stato umilissimo nell’apprendere innanzitutto la cultura cinese, a partire dalla lingua. Ha studiato approfonditamente la lingua a più riprese, rendendosi conto che solo attraverso l’amicizia – il suo primo libro in cinese, è stato appunto sull’amicizia - poteva entrare nel cuore di questo popolo che era molto restio ad aprire le frontiere. L’inculturazione passa quindi attraverso un’assunzione della cultura, dello stile di vita, della mentalità. Padre Matteo Ricci è entrato nel cuore dei cinesi ed ha poi saputo introdurre il Vangelo, legandolo a quelle sensibilità tradizionali – soprattutto del confucianesimo – e contrastando invece quelle forme religiose incompatibili come il buddismo e il taoismo. E’ quindi un‘opera d’inculturazione davvero straordinaria ed è anche un’opera anche di dialogo culturale che ha permesso all’Occidente e all’Oriente di avviare questa conoscenza reciproca che poi nei secoli - tra contrasti e difficoltà - è presupposto anche per affrontare, credo, le grandi sfide della globalizzazione che oggi si presentano”.







All the contents on this site are copyrighted ©.