La comunità internazionale accoglie 20 mila profughi del Bhutan
Dal novembre del 2007 ad oggi oltre 20mila i rifugiati bhutanesi hanno lasciato i
campi profughi al confine con il Nepal per essere ospitati nei Paesi occidentali.
È quanto annunciato ieri a Kathmandu dall’Agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr) e dall’Organizzazione
internazionale dei migranti (Iom). I dati - riferisce l'agenzia AsiaNews - sono il
risultato del programma di re- insediamento, promosso da Stati Uniti e comunità internazionale
per risolvere la situazione degli oltre 100mila Bhutanesi originari del Nepal, espulsi
venti anni fa dal proprio Paese. L’americana Diane Goodman, rappresentante dell’Unhcr
in Nepal, afferma che il lavoro compiuto consentirà “il re-insediamento di circa 2mila
profughi all’anno e entro fine anno saranno oltre 25mila i profughi che lasceranno
i campi”. Tra il ‘77 e il '91, durante il regime dell’allora re Jigme Singye Wangchuck,
in Bhutan, ha luogo una vera e propria campagna di nazionalizzazione del Paese, che
mira alla costruzione di uno Stato basato sulla cultura buddista e privo di influenze
esterne. Per la minoranza nepalese, all’epoca circa un terzo della popolazione, inizia
una vera e propria deportazione oltre confine, conclusasi negli anni ‘90 con l’espulsione
di oltre 105mila civili. Per 20anni, l’impossibilità di rimpatrio e il rifiuto da
parte del governo nepalese a concedere la cittadinanza ha costretto i rifugiati a
vivere nei campi in uno stato di semiprigionia. In questo contesto nel novembre del
2007 gli Stati Uniti hanno offerto asilo politico a oltre 60mila profughi, accogliendone
finora 17.609. Altri 2.409 hanno trovato invece asilo in Australia, Canada, Norvegia,
Nuova Zelanda, Danimarca e Olanda. Da tre anni l’Iom sta lavorando all’interno dei
campi profughi per consentire un’agile reinserimento dei civili nella società. I programmi
proposti prevedono controlli medici, corsi di lingua, abilitazione al lavoro e studio
della cultura occidentale. Nonostante questa politica, restano più 78mila persone
bloccate all’interno dei campi in attesa di asilo. Per molti la speranza è ancora
quella del rientro in patria. Nel 2008 la salita al trono del 28enne re Jigme Khesar
ha portato nuove speranze di apertura nel Paese e una possibile via di uscita per
la popolazione rifugiata in Nepal. Finora però il governo del Bhutan si è impegnato
con la comunità internazionale a promuovere un svolta democratica. Per la fine dell'anno
si prevede la riapertura di 15 scuole e la costruzione di centri di assistenza medica
nell’aree di confine ancora abitate dalla minoranza nepalese. (R.P.)