I messaggi di Benedetto XVI e dei Patriarchi Bartolomeo e Kirill al Convegno ecumenico
promosso dalla Comunità di Bose
Al via oggi a Bose, in Piemonte, la XVII edizione del Convegno ecumenico internazionale
di spiritualità ortodossa organizzato dal Monastero di Bose sul tema della lotta spirituale
nella tradizione ortodossa. Partecipano rappresentanti della Chiesa cattolica, del
Patriarcato di Mosca e di altre Chiese Ortodosse e Orientali, nonché delegati della
Comunione anglicana e del Consiglio ecumenico delle Chiese. In un telegramma a firma
del cardinale Tarcisio Bertone, il Papa “auspica che il fraterno incontro susciti
una coscienza rinnovata del valore della lotta spirituale come conseguenza dell’amore
di Cristo e un impegno generoso per una formazione ascetica delle nuove generazioni”.
Al Convegno hanno inviato messaggi anche il Patriarca ecumenico di Costantinopoli,
Bartolomeo I e il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Kirill. Per Bartolomeo
I questi incontri “sono la testimonianza eloquente del contributo unico del monachesimo
alle relazioni ecumeniche tra le diverse confessioni cristiane”. Per Kirill, quello
della lotta spirituale è “un tema fondamentale, di cui difficilmente si può esagerare
l’importanza, in quanto tocca l’essenza stessa della vita di chiunque voglia seguire
Cristo fino in fondo”. Ai partecipanti è arrivato anche il messaggio del cardinale
Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei
Cristiani: il suo auspicio è che questi incontri possano segnare “un'ulteriore crescita
nella reciproca conoscenza in vista di una maggiore comune testimonianza a Cristo
nel mondo”. Sul tema della lotta spirituale ascoltiamo il priore di Bose, Enzo
Bianchi, al microfono di Fabio Colagrande:
R. - Si tratta
di quella lotta che dobbiamo fare nelle nostre membra, nel nostro corpo per combattere
quelle spinte verso il male che abitano in ogni uomo. E’ la cosiddetta “lotta contro
le tentazioni”. Noi uomini abbiamo sempre dentro di noi l’emergenza di pensieri, di
suggestioni buone e cattive. Dobbiamo fare un discernimento, realizzare le suggestioni
buone che vengono impresse in noi dallo Spirito Santo. Di contro, dobbiamo poi combattere
quelle che vengono dall’azione del demonio e, soprattutto, dalla nostra condizione
di uomini segnati dal peccato.
D. – Atanasio di Alessandria
scriveva: “Nessuno che non abbia sperimentato le tentazioni potrà entrare nel regno
dei cieli. Togli le tentazioni e nessuno sarà salvato”. E’ un’affermazione che sembra
quasi paradossale…
R. – E’ vera nel senso che chi
pensa di non essere tentato significa che ha una lettura di sé non realistica. Una
lettura, cioè, che non coglie la realtà dell’uomo fino a sprofondarsi in un orgoglio
spirituale in cui si pensa, da soli, di non essere attaccati dal male. Allora è veramente
grave. Come ci dice Sant’Antonio, il padre dei monaci, occorre sperimentare la tentazione,
bisogna combatterla. Solo chi passa attraverso le tentazioni, chi combatte, da una
parte vince il male e dall’altra, anche quando non riesce a vincerlo completamente,
fa comunque l’esperienza della misericordia di Dio. Una misericordia che è essenziale,
perché noi possiamo avere di Dio un’immagine vera, quella che Lui ci ha rivelato in
Gesù Cristo.
D. – Quanto, secondo lei, oggi i cristiani
sono in grado d’intraprendere questa lotta e con quali strumenti?
R.
– Su questo devo dire che alcune volte sono molto scoraggiato, perché negli ultimi
decenni questo tema della lotta spirituale non si trova all’ordine del giorno, non
fa parte della catechesi, non fa parte dell’azione pastorale. Si tace, si dà per scontato
soprattutto che i giovani siano capaci di scegliere. Non c’è più l’insegnamento della
lotta spirituale come nel caso della mia generazione. Le nuove generazioni sono più
fragili, non sanno neanche come si combatta una tentazione: sono in balìa della forza,
delle tentazioni che li travolgono. Occorre la lotta spirituale ed anche saper vincere
il pensiero cattivo. Bisogna imparare attraverso la preghiera e i tanti consigli che
ci danno i padri spirituali in modo da uscire vincitori giorno dopo giorno. Si deve
diventare più forti nella personalità spirituale, approfondire la vita interiore,
conoscere in profondità il cuore dell’uomo anche là dove ci sono le malvagità, le
impurità, le idolatrie. Bisogna venir fuori da tutto questo con l’aiuto della grazia
di Dio, conformati a Cristo, simili a Gesù.
D. –
Perché un tema simile è stato scelto per il dialogo ecumenico?
R.
– Perché nel dialogo ecumenico occorre che noi, oltre al confronto e al dialogo teologico,
ci avviciniamo andando in profondità nella vita spirituale. Lo ha detto anche Benedetto
XVI: “L’ecumenismo deve essere spirituale”. Se noi ci avviciniamo davvero di più a
Cristo, assomigliando di più a Lui nella vita spirituale, allora ci uniamo anche tra
noi cristiani.(Montaggio a cura di Maria Brigini)