2009-09-07 14:57:21

Religioni per la pace a Cracovia nello spirito di Assisi: con noi i cardinali Kasper e Sepe, mons. Paglia e Marazziti


Sono entrati nel vivo a Cracovia, in Polonia, i lavori del convegno internazionale per la pace “Uomini e Religioni in dialogo”, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio e dall’arcidiocesi di Cracovia. 22 i seminari in corso tra questa mattina ed il pomeriggio sul tema del dialogo per la riconciliazione tra i popoli in occasione del 70.mo anniversario dell’inizio della Seconda Guerra Mondiale. Il servizio del nostro inviato Stefano Leszczynski.RealAudioMP3

Quasi 300 relatori si alternano nella giornata odierna nel corso dei dibattiti su temi culturali, politici, economici e religiosi nel quadro dei lavori del convegno internazionale interreligioso in corso a Cracovia. Filo conduttore del dialogo che coinvolge esponenti di tutte le religioni, politici, economisti, esponenti del mondo della cultura è quello dei 70 anni dall’inizio del conflitto mondiale. Lavorare per la pace non è un’utopia – ha sottolineato Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio – e lo spirito di Assisi, che è tornato in Polonia a 20 anni dalla caduta dei regimi comunisti, lo sta a dimostrare. Era, infatti, il 1989 quando la Comunità di Sant’Egidio promuoveva per la prima volta a Varsavia un’incontro di preghiera interreligiosa, proprio pochi mesi prima della caduta del Muro. Oggi, l’Europa è emersa definitivamente dagli orrori della guerra grazie a molti operatori di pace e si è fatta essa stessa fattore di dialogo e di pacificazione tra i popoli. Un concetto che il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso ha espresso in occasione della seduta inaugurale avvenuta ieri sera presso l’Auditorium Maximum dell’Università Jagellonica. Ma la pace non è un qualcosa che si possa acquisire una volta per tutte – ha sottolineato il cardinale Dziwisz, arcivescovo della città di Giovanni Paolo II – che ha ricordato le molte minacce che giungono dai conflitti in essere in Afghanistan e Iraq. Elemento di preoccupazione sono anche i tanti conflitti dimenticati, come quelli africani. E non a caso il convegno ha riservato una speciale attenzione proprio ai temi del continente africano, dilaniato da crisi politiche ed economiche, da emergenze umanitarie e sanitarie. Qui – ha sottolineato il mons. Benoit Alowonou, vescovo di Kpalimé, in Togo – la strada del dialogo tra le religioni e tra i popoli rappresenta una sfida vitale per la sopravvivenza di milioni di persone. Degli effetti della crisi economica globale su Paesi più poveri ha parlato invece l’ex direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, Michel Camdessus, che vede in essa una sfida alle tradizioni religiose, in quanto la sua intensità non si spiega se non per una cultura dell’idolatria di fronte alla quale gli uomini di religione si vengono a trovare ed al relativismo diffuso. Il rabbino David Rosen ha invece sottolineato l’importanza per il rispetto dell’altro, del diverso, come elemento essenziale del dialogo, in particolare di fronte all’indifferenza che talvolta il mondo politico dimostra verso i valori espressi dalle religioni. Domani, sarà ancora il tema della guerra mondiale ad essere al centro dell’incontro di Cracovia, con la processione silenziosa dei leader religiosi nel campo di sterminio nazista di Auschwitz. La sera infine la conclusione ufficiale dell’evento con la preghiera comune per la pace nella Piazza del mercato della città vecchia.

 
Da Cracovia, dunque, si leva un grido unanime per la fine dei tanti conflitti che devastano il mondo. Ascoltiamo in proposito il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, intervistato dal nostro inviato Stefano Leszczynski:RealAudioMP3

R. – Sì, ci sono ancora molti conflitti ed in Europa non tutte le ferite sono già guarite, basti pensare anche ai contasti tra musulmani e cristiani, tra musulmani ed ebrei. Ci sono tanti conflitti anche nel Terzo mondo ed è compito dei cristiani contribuire alla risoluzione di questi conflitti e penso che questo dialogo, che abbiamo qui, è di certo uno dei mezzi più appropriati per risolvere questi conflitti, perché si deve parlare anche delle ferite esistenti. In questo modo si può contribuire – come anche con la preghiera – alla loro risoluzione.

 
D. – Si è parlato molto di dialogo interreligioso. A che punto è, invece, il dialogo tra i cristiani?

 
R. – Facciamo buoni progressi con gli ortodossi e gli orientali ortodossi. Ci vuole sicuramente ancora del tempo, ma stiamo facendo dei passi avanti. Con i protestanti è invece un po’ più difficoltoso, anche se ci sono nuovi movimenti – come i carismatici, i pentecostali ed altri ancora – con cui stiamo iniziando a parlare. Speriamo così di dare un contributo a questo compito mondiale della riconciliazione.

 
Ma qual è la costante degli incontri di Cracovia? Stefano Leszczynki lo ha chiesto al vescovo di Terni Vincenzo Paglia, per tanti anni assistente ecclesiastico generale della Comunità di Sant'Egidio: RealAudioMP3

R. - Io direi che la costante fu posta da Giovanni Paolo II quella sera del 27 ottobre dell’86, quando disse che la pace attendeva i suoi artigiani e non era una responsabilità di alcuni, magari della politica o della diplomazia, ma era la responsabilità di tutti gli uomini di buona volontà in particolare i credenti. Da allora questo evento di rinnova di città in città, mentre il mondo cambia gli scenari, che sono a volte talmente diversi da essere difficilmente collegabili e tuttavia una dimensione resta comune: la pace è anzitutto un dono di Dio, per questo la preghiera è alla radice della pace. In questo pianeta la dimensione religiosa che attraversa i popoli è quel filo rosso che permette alla pace di non essere mai straniera alla vita degli uomini.

 
Tra gli incontri di Cracovia, uno è stato dedicato all’Africa: era presente il cardinale arcivescovo di Napoli Crescenzio Sepe: ascoltiamolo al microfono di Patricia Ynestroza:RealAudioMP3

R. - E' importante il fatto che anche la Comunità di San’Egidio abbia messo all’ordine del giorno in una tavola rotonda il problema dell’Africa, che è un problema molto sentito, molto vissuto, in tutta la Comunità ecclesiale. In modo particolare, abbiamo visto quando il Santo Padre si è recato in Africa, come ha sottolineato fortemente questa dimensione. Io credo che questo continente, che costituisce una forte potenzialità per tutta la cattolicità, vada aiutato. E va aiutato non con un assistenzialismo che non risolve i problemi, ma dando agli africani quelle possibilità di autorealizzarsi per poter sviluppare in maniera forte la loro identità, e questo da un punto di vista economico, finanziario, culturale e religioso. E l’educazione, la formazione in genere, sono un elemento fondamentale su cui costruire la nuova Africa.

 
Al centro di una tavola rotonda il tema del vivere insieme in un mondo plurale: all’incontro ha partecipato Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio. Ecco la sua riflessione al microfono di Patricia Ynestroza:RealAudioMP3

R. – Vivere insieme in un mondo plurale è la sfida di oggi. La coabitazione era un fatto normale nel Mediterraneo: ebrei, cristiani, musulmani. Oggi assistiamo a delle città spaventate, dove i ricchi stanno da una parte, si sentono assediati dagli altri, dove la paura sembra la parola d’ordine, dove la parola ‘sicurezza’ sembra l’imperativo. Ma in realtà, oggi, sta crescendo assieme a questa paura anche il rischio di una paura dell’altro, che arriva a diventare "em-pietà", assenza di "pìetas", assenza di compassione, come è accaduto nelle morti terribili, nel Mediterraneo, con lo scarso sdegno morale, lo scarso senso di colpa del nostro mondo ricco verso queste persone, colpevoli solo del reato di speranza.







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