Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad si è detto pronto ad incontrare il suo
omologo statunitense Barack Obama in conferenza stampa davanti agli organi d'informazione
internazionali. Ahmadinejad ha sottolineato che è disposto a dialogare sul nucleare
con i Paesi del gruppo 5+1 (Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania),
ma che non saranno negoziati “gli inalienabili diritti del Paese”. Massimiliano
Menichetti ha raccolto il commento di Bijan Zarmandili, analista
e collaboratore della rivista di geopolitica Limes:
R. – Non
sono posizioni nuove. Subito dopo l’arrivo di Barack Obama alla Casa Bianca e la sua
disponibilità a dialogare con l’Iran, in qualche modo il governo iraniano aveva dato
a sua volta la disponibilità. La novità, probabilmente, consiste nella presenza all’Assemblea
generale dell’Onu ed Ahmadinejad dovrà quindi andare a New York. Ci sono grandi perplessità
sulla sua legittimità e su quella del suo governo. Forse l’impressione di Ahmadinejad
esprime realmente questa disponibilità di incontrare Obama, pensando soprattutto a
come attenuare eventuali critiche al suo nuovo governo.
D.
– Lui ribadisce: “Non negozieremo mai gli inalienabili diritti dell’Iran”…
R.
– Questa, in un certo senso, è stata anche la carta vincente di Ahmadinejad, dall’interno,
per dire: “Posso negoziare ma non cedo su nulla”. In qualche modo si sta anche candidando
come l’unico gestore di eventuali rapporti con gli americani, nel senso che ha sempre
condannato i riformisti iraniani di voler cedere qualcosa nel dialogo con gli Stati
Uniti. I veri sponsor politici di Ahmadinejad, i Pasdaran, sono invece del parere
che l’Iran può negoziare ma senza concedere dei vantaggi.
D.
– L’incaricato di Teheran, per quanto riguarda il nucleare, aveva detto: “Non negozieremo
con il 5+1” - ovvero gli Stati Uniti, la Russia, la Cina, la Francia, la Gran Bretagna
e la Germania - “ma ne parleremo soltanto in sede Onu”. Oggi Ahmadinejad ribadisce
invece l’esatto contrario…
R. – E’ una costante nel
negoziato con l’Iran sul nucleare. Ogni volta si parte da zero. Probabilmente l’unico
punto fermo, in questa fase, è quello dell’attesa che ha stabilito la stessa amministrazione
americana: da qui a fine anno l’Iran deve fornire una risposta, dopo di che partiranno
tutte le opzioni.
D. – Qual è la sua analisi su quella
che è la situazione adesso in Iran?
R. – Una normalizzazione
dopo la brutale repressione del movimento nato subito dopo le elezioni di Ahmadinejad.
L’Iran, a questo punto, deve fare i conti con una gravissima crisi economica: c’è
un’altissima inflazione, un altissimo numero di disoccupati, c’è una crescente povertà
in tutto il Paese. Quello che si prevede è che ci siano delle manifestazioni e delle
proteste, stavolta per ragioni economiche, per i contratti di lavoro. A quel punto,
se davvero ci sarà una saldatura con un movimento che ha avuto invece una sua maturità
politica – cioè il movimento verde – difficilmente il governo rimarrà in carica per
i prossimi quattro anni.