I Vescovi di Ecuador, Venezuela e Colombia chiedono unità fra i tre Paesi
Ecuador, Venezuela e Colombia si avvicinano al loro duecentesimo compleanno. E per
l’occasione i presidenti delle rispettive Conferenze episcopali lanciano un appello
all’unità e al rispetto fra le tre nazioni, che ieri pomeriggio si sono incontrati
a Bogotà. In un comunicato congiunto il presidente dei vescovi colombiani, Rubén Salazar
Gómez, il presidente di quelli ecuadoregni, Antonio Arregui, e il presidente dei presuli
venezuelani, Ubaldo Ramón Santana, hanno spiegato che l’anniversario serve anche a
prendere coscienza dei “doni Dio” che rendono irreversibilmente fratelli i loro popoli.
Tutto è iniziato, spiegano, per il sogno di un unico “liberatore”, Símon Bolívar,
seguendo l’ispirazione “dei principi e valori della fede cattolica”, sotto la protezione
“di uno stesso tricolore, eredità della nostra unità 'colombiana' e il nostro ideale
di superare il sottosviluppo e l’ingiustizia”. L’obiettivo dell’incontro, come avevano
fatto sapere i presuli in precedenza, era quello di analizzare la situazione e cercare
soluzioni allo stato di fatto delle relazioni fra i tre Paesi, sempre più tese negli
ultimi anni. Nel 2008 Quito ha interrotto le relazioni diplomatiche con Bogotà dopo
che la Colombia ha deciso di bombardare un accampamento dei guerriglieri delle Farc
in territorio ecuadoregno, mentre Caracas si oppone alla decisione di Bogotà di ospitare
in territorio colombiano una base militare statunitense. I vescovi hanno sottolineato
l’importanza del patrimonio che accomuna le tre nazioni, quel “bene di tutti noi”
di cui parla Benedetto XVI nella sua ultima enciclica, “un bene particolarmente necessario
in questi momenti, nei quali sentiamo che la convivenza pacifica si rivela fragile
e in serio pericolo di deteriorarsi ancora di più a causa delle relazioni tese, aggravate
dalla corsa agli armamenti, in un mondo scosso da profonde crisi morali ed economiche”.
Il “fragore” causato dai dibattiti a livello politico, hanno spiegato, “non deve mai
farci perdere di vista la cosa fondamentale: che soltanto unendoci e mettendo in comune
le nostre risorse, i nostri talenti e il nostro patrimonio religioso e morale potremo
superare la miseria e la povertà che ancora affligge una grande percentuale della
nostra popolazione urbana, rurale e indigena”. Per trovare una soluzione è necessaria
un’apertura di vedute che trascenda i nazionalismi: per questo i presuli chiedono
a tutto “il popolo di Dio” di “contribuire attivamente a creare una cultura di pace
e fratellanza”. (V.F.)