2009-09-04 15:07:22

Raid Nato in Afghanistan: oltre 90 morti. Molte vittime tra i civili


Strage in Afghanistan: un raid della Nato a Kunduz, nel nord del Paese ha provocato almeno 90 morti, tra questi circa 50 guerriglieri, ma anche molti civili. Condanna da parte del presidente uscente Karzai che ha immediatamente ordinato un’inchiesta: “i civili innocenti – ha detto Karzai - non devono essere uccisi durante le operazioni militari”. Un inchiesta è stata aperta anche dal segretario generale della Nato Rasmussen. Il servizio è di Paolo Ondarza. RealAudioMP3

Su questo tragico evento, Giancarlo La Vella ha sentito Simona Lanzoni, dell’organizzazione Pangea Onlus, che da anni opera in Afghanistan con progetti di solidarietà:RealAudioMP3

R. – Cose di questo genere vanno purtroppo a rafforzare il sentimento di delusione della popolazione afghana nei confronti della presenza internazionale. Bisognerebbe capire meglio che cos’è l’Afghanistan in questo momento e come funziona. Questa è la prima volta che al nord avviene un attacco Nato; di solito le operazioni dell’Isaf sono concentrate nel sud. A nord c’è il passaggio di petrolio e gas dalle repubbliche dell’ex Unione Sovietica verso l’interno del Paese. Sono strade in cui appena succede un evento tutti vanno a guardare. Bisogna, quindi, conoscere bene come funziona la vita in Afghanistan. Solo questo darà le chiavi per realizzare realmente operazioni militari vincenti non solo dal punto di vista strategico, ma anche nei confronti della popolazione ed è fondamentale sapere che, nel momento in cui si attacca un mezzo che trasporta carburante, non si stanno attaccando solo i talebani, ma anche tutte le persone che, con loro, cercano di approfittare di quella situazione, per appropriarsi di qualche litro di carburante.
 
D. – Da una parte, quindi, il contingente internazionale che ha difficoltà a controllare il territorio, dall’altra il rischio che i talebani riprendano in mano le sorti del Paese. Di questo secondo aspetto che cosa pensano gli afghani?
 
R. – Gli afghani sono semplicemente stanchi. Vogliono la pace, la possibilità di poter portare i loro figli all’ospedale e a scuola tranquillamente, saper che cosa dar loro da mangiare giorno per giorno e questo ancora non succede. Per gli afghani quindi, che siano talebani o altri ad andare al potere diventa quasi ininfluente, anche se in realtà non è così, perché sappiamo bene che non vogliono tornare indietro né al periodo dei mujaheddin, né a quello talebano. Noi, come fondazione Pangea, siamo presenti in Afghanistan ormai dal 2003 ed abbiamo visto peggiorare la situazione lentamente, nel tempo, in quanto a mancanza di sicurezza, ma soprattutto anche all’impoverimento che subisce la gente giorno per giorno. Le difficoltà scoraggiano sempre di più le persone, soprattutto rispetto a tutte le speranze che dal 2001 ad oggi sono purtroppo state deluse.







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