Questa sera l'apertura della 66.ma Mostra internazionale del cinema di Venezia
Con la cerimonia di apertura nel Palazzo del Cinema di Venezia, attorniato dagli scavi
e dai cantieri che preludono alla costruzione del nuovo, si inaugura questa sera la
66.ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Sullo schermo, dopo
la rituale presentazione della Giuria presieduta dal regista Ang Lee, scorreranno
le immagini di "Baarìa", l’atteso affresco siciliano di Giuseppe Tornatore. Dalla
città lagunare, il servizio di Luca Pellegrini.
Non sempre
gli atti d’amore inseguiti per anni e vissuti con sincerità riescono a dimostrare
tutto il buon cuore e la buona volontà di chi finalmente li mette in pratica. L’imponenza
dei numeri parla chiaro nella presentazione di "Baarìa", kolossal siciliano scritto
e diretto da Giuseppe Tornatore ed insignito dell’onere di aprire questa sera, a nome
degli italiani numerosi in gara, la kermesse cinematografica veneziana. Costato cifre
enormi, dilatatosi nel tempo delle riprese e nelle ricostruzioni accurate, fagocitato
migliaia di comparse ed oltre duecento tra attori protagonisti e non, zeppo di macchine,
carrozze e carretti d’ogni genere e di temi musicali scritti da Ennio Morricone, nelle
sue oltre due ore "Baarìa", in italiano e dialetto siciliano sottotitolato, ci trasporta
sulle strade di questo paese posato nella brulla provincia palermitana e luogo di
nascita del regista. Il film scarica una dose massiccia di riflessioni e ricordi,
personaggi e paesaggi, di sentimenti e curiosità etniche e antropologiche che dalle
arretratezze dei primi anni del secolo scorso e dal fascismo degli anni Trenta si
distendono allungandosi nelle stagioni tormentate del dopoguerra, nelle battaglie
politiche della prima repubblica e si affloscia infine, quando delusioni personali
e collettive creano la perdita degli ideali, riecheggiano la ben più nobile e scarna
tragicità del Gattopardo. Tutto gira attorno alla famiglia di Cicco che cresce e dei
figli che crescono a loro volta, mentre anche il paese cresce fisicamente aggiornando
le sue caratteristiche urbane e umane negative, mentre i molti, troppi eroi anonimi
e popolari ammiccano, corrono, si amano, piangono e uccidono. Il senso della collettività
e delle tradizioni forse perdute, più che le storie e le passioni dei singoli, fanno
di questo film un affresco imponente e qui Tornatore è davvero appassionato. Ma tanto
amore, appunto, non basta a creare empatia, ad aggiornare il melodramma e a strappare
consenso... oltre ad assicurare un Leone d’Oro tanto, troppo sperato.