2009-09-02 14:43:37

Questa sera l'apertura della 66.ma Mostra internazionale del cinema di Venezia


Con la cerimonia di apertura nel Palazzo del Cinema di Venezia, attorniato dagli scavi e dai cantieri che preludono alla costruzione del nuovo, si inaugura questa sera la 66.ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Sullo schermo, dopo la rituale presentazione della Giuria presieduta dal regista Ang Lee, scorreranno le immagini di "Baarìa", l’atteso affresco siciliano di Giuseppe Tornatore. Dalla città lagunare, il servizio di Luca Pellegrini.RealAudioMP3

Non sempre gli atti d’amore inseguiti per anni e vissuti con sincerità riescono a dimostrare tutto il buon cuore e la buona volontà di chi finalmente li mette in pratica. L’imponenza dei numeri parla chiaro nella presentazione di "Baarìa", kolossal siciliano scritto e diretto da Giuseppe Tornatore ed insignito dell’onere di aprire questa sera, a nome degli italiani numerosi in gara, la kermesse cinematografica veneziana. Costato cifre enormi, dilatatosi nel tempo delle riprese e nelle ricostruzioni accurate, fagocitato migliaia di comparse ed oltre duecento tra attori protagonisti e non, zeppo di macchine, carrozze e carretti d’ogni genere e di temi musicali scritti da Ennio Morricone, nelle sue oltre due ore "Baarìa", in italiano e dialetto siciliano sottotitolato, ci trasporta sulle strade di questo paese posato nella brulla provincia palermitana e luogo di nascita del regista. Il film scarica una dose massiccia di riflessioni e ricordi, personaggi e paesaggi, di sentimenti e curiosità etniche e antropologiche che dalle arretratezze dei primi anni del secolo scorso e dal fascismo degli anni Trenta si distendono allungandosi nelle stagioni tormentate del dopoguerra, nelle battaglie politiche della prima repubblica e si affloscia infine, quando delusioni personali e collettive creano la perdita degli ideali, riecheggiano la ben più nobile e scarna tragicità del Gattopardo. Tutto gira attorno alla famiglia di Cicco che cresce e dei figli che crescono a loro volta, mentre anche il paese cresce fisicamente aggiornando le sue caratteristiche urbane e umane negative, mentre i molti, troppi eroi anonimi e popolari ammiccano, corrono, si amano, piangono e uccidono. Il senso della collettività e delle tradizioni forse perdute, più che le storie e le passioni dei singoli, fanno di questo film un affresco imponente e qui Tornatore è davvero appassionato. Ma tanto amore, appunto, non basta a creare empatia, ad aggiornare il melodramma e a strappare consenso... oltre ad assicurare un Leone d’Oro tanto, troppo sperato.







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