In Pakistan un’ennesima strage ha colpito la comunità cristiana: due uomini armati
hanno aperto il fuoco nel pieno centro cittadino di Quetta, capoluogo del Belucistan,
uccidendo cinque cristiani. Lo hanno reso noto fonti locali precisando che l'attacco
è avvenuto lo scorso 28 agosto. Si tratta di un nuovo episodio ad un mese dal drammatico
massacro nel Punjab, costato la vita ad 11 cristiani. Sui possibili autori della strage
avvenuta nel Belucistan ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco, Stefano
Vecchia, esperto di questioni asiatiche:
R. – Molto
probabilmente si tratta degli stessi estremisti che hanno già colpito il primo agosto
nella città di Gojra, nella provincia confinante del Punjab. Nel caso di Quetta -
capoluogo del Belucistan - potrebbero esserci anche i movimenti nazionalisti locali
che vedono di mal occhio gli immigrati. Buona parte dei cristiani locali sono immigrati,
originari di altre province. Va detto che, già da mesi, i cristiani che sono stati
colpiti il 28 agosto erano già stati minacciati di morte qualora non avessero rinunciato
alla loro fede.
D. – Dietro questo ennesimo episodio
ci può essere anche la pista talebana?
R. – C'è l’influenza
talebana in tutti questi eventi radicali e violenti. Tale influenza sembra essere
sempre più certa. Molte fonti, in Pakistan, danno per certo un cambiamento di strategia
dei talebani: non più attentati suicidi contro obiettivi sensibili - o a volte anche
contro obiettivi civili - ma una strategia della tensione che metta l’una contro l’altra
le comunità. Una strategia che vada a colpire, in particolare, le minoranze.
D.
– Quindi una strategia del terrore che mira a contrapporre le minoranze al governo
ad una maggioranza islamica che è invece pacifica…
R.
– La maggioranza islamica è prevalentemente pacifica e, spesso, convive fianco a fianco
nelle grandi città con le minoranze, a partire da quella cristiana.
D.
– Questa strategia del terrore quali effetti sta portando nel Paese?
R.
– Si inserisce in un contesto di forti tensioni interne, sia a livello politico sia
a livello militare. E’ in corso una grande offensiva dell’esercito pakistano nel nord
del Paese contro i talebani. I cristiani hanno più volte denunciato di essere vittime
di discriminazione. Ma in questo momento sono anche l’avanguardia di una richiesta
di maggiore uguaglianza, certezza identitaria e sicurezza. I cristiani del Pakistan
hanno lanciato un ultimatum al governo per il 25 settembre affinchè il governo provveda
a cancellare o almeno ad avviare un emendamento della cosiddetta “legge anti-blasfemia”.
Questa legge rappresenta il pretesto per discriminare i cristiani ed anche per colpirli
con la violenza, nel disinteresse o nell’incapacità d’azione delle forze dell’ordine.
D.
– E’ realistica l’ipotesi di un’abrogazione di questa legge?
R.
– E’ realistica, almeno in questo momento, per la congiuntura politica. Richiederà
però molto tempo e ci sono comunque delle forti opposizioni. Opposizioni che non sono
solo quelle dei radicali islamici, ma riguardano anche una parte della popolazione
musulmana che in queste leggi, di fatto, vede anche un elemento identitario non necessariamente
discriminatorio verso i cristiani. Inoltre ci sono forti resistenze politiche: la
Carta musulmana integralista - utilizzata nel 1988 dai militari per creare questa
legislazione – è una Carta che ancora troppe persone oggi in Pakistan tendono a giocare.