2009-09-02 14:34:50

Il tema del martirio al centro dell'Agorà dei giovani del Mediterraneo a Loreto


E’ in corso a Loreto, fino a martedì prossimo, l’ottava Agorà del Mediterraneo che riunisce giovani di tre continenti per una settimana di preghiera, dibattiti, visite e testimonianze sul tema: “Beati quelli che sono perseguitati per aver fatto la volontà di Dio: perché Dio darà loro il suo regno”. Sono presenti giovani in rappresentanza delle comunità cattoliche del Nord Africa, del Medio Oriente e dell’Europa che rifletteranno in questi giorni, soprattutto, sulle persecuzioni ancora in atto nei confronti delle minoranze cristiane. All’Agorà interverrà domani anche padre Claudio Monge, della comunità domenicana di Istanbul e docente di teologia delle religioni all’Università di Friburgo, che al microfono di Amedeo Lomonaco sottolinea l’autentico valore del martirio:RealAudioMP3

R. – Credo che oggi abbiamo un’immagine spesso profondamente distorta del martirio, forse anche a causa di quell’immagine estremamente violenta, che giustamente ci indigna, dei cosiddetti “martiri kamikaze”. Questi sono espressione di un mondo che non ha niente a che vedere – e lo dico anche come studioso dell’islam – con il cuore stesso del messaggio islamico. Forse dobbiamo fare proprio un lavoro di comprensione del senso della parola “martirio”, a partire dal suo stesso significato, cioè testimonianza.

 
D. – Su quali pilastri si fonda l’identità del martire cristiano?

 
R. – In quella che è stata l’evoluzione della considerazione stessa del termine c’è stato un cambiamento di registro che si potrebbe riassumere in una frase: all’origine della storia cristiana, nei primi due secoli, si viene uccisi perché martiri e poi invece, nel corso della storia, si è martiri perché si viene uccisi. Il fatto di essere ucciso diventa assolutamente determinante quando invece, in realtà, in origine il martire è il testimone. Ciò che quindi caratterizza la base essenziale del martire è colui che è assolutamente radicato nella vita di Cristo tanto da lasciarne trasparire dei tratti essenziali nella Sua stessa vita. Uno de tratti essenziali e decisivi della missione del Figlio di Dio su questa terra è quella capacità d’amore estremo che arriva fino al dono totale di se stesso sulla Croce.

 
D. – Chi è perseguitato, chi subisce il martirio in realtà non è abbandonato. I martiri come sono riusciti a vincere sofferenze così disumane?

 
R. – Il martire, il perseguitato per la fede può sicuramente avere, spesso e volentieri nella sua esistenza, l’impressione di essere abbandonato dai suoi stessi fratelli, di essere una persona già “pre-martirizzata” dal fatto di essere messa al di fuori della storia nella quale cammina. Credo che solo identificandosi ulteriormente con la storia stessa del martire per eccellenza, che è il Figlio di Dio, si può arrivare a mantenere questa fedeltà alla comunione e alla testimonianza. Il Figlio di Dio è Colui che per eccellenza non è profeta nella sua patria e che finirà la sua vicenda terrena crocifisso su una croce al di fuori delle mura della città santa. Questo è il destino che poi si rinnova in qualche modo nel martirio dei grandi testimoni della fede nella storia.

 
D. – Ancora oggi, come ha detto il Papa, la fede cristiana “scandalizza”, c’è chi cerca di adattarla ai tempi e chi abbandona Cristo. Quali insegnamenti possiamo trarre, oggi, dai martiri e da chi, apparentemente, è andato controcorrente?

 
R. – Il martire è innanzitutto un testimone della fedeltà e della pazienza di Dio. Credo che il martirio, oggi, consista prima di tutto nel dover andare regolarmente controcorrente rispetto a quella che è la cultura dominante. San Paolo ce lo ricorda: è questa spina nella carne, quest’estrema e radicale esigenza della fede che ci costringe a fare i conti con la nostra coscienza, con il nostro riferimento alla Parola del Vangelo, a costo di dover remare controcorrente.

 
D. – Andare controcorrente vuol dire testimoniare il Vangelo là dove la società è secolarizzata, dove il cristianesimo è una minoranza…R. – Oserei dire anche testimoniare il Vangelo là dove le società, le persone che si definiscono cristiane, in realtà contravvengono a delle regole essenziali del cristianesimo.







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