Cinque anni fa in Ossezia del Nord il massacro nella scuola di Beslan: oltre mille
persone, tra bambini ed insegnanti, furono prese in ostaggio da un commando di ribelli
che chiedeva la fine della guerra nella vicina Cecenia. Era il primo settembre 2004.
L’assedio andò avanti per tre giorni e si concluse con una sanguinosa battaglia tra
sequestratori e forze di sicurezza. Le vittime furono 330, perlopiù scolari. Mentre
dal Caucaso arrivano notizie di continui attentati e violenze - le ultime oggi in
Daghestan - cosa rimane dei tragici fatti di Beslan? Giada Aquilino lo ha chiesto
a Fabrizio Dragosei, corrispondente da Mosca del Corriere della Sera e testimone
diretto di quelle terribili ore:
R.
– Rimane il fatto che il Caucaso è ancora instabile e gli attentati si susseguono
anche se la guerra in Cecenia, che è l’origine di tutto, è ufficialmente finita. Nelle
altre regioni, come l’Ossezia del Nord, il Daghestan, l’Inguscezia, l’instabilità
continua, gli attentati si susseguono e l’estremismo islamico colpisce ancora.
D.
– Cosa ricordi di quei giorni?
R. - Ero a Mosca nel
momento in cui arrivarono le prime notizie d’agenzia che parlavano di un sequestro
di ostaggi in una scuola di Beslan. Presi il primo aereo disponibile. Sul volo incontrai
una persona, Oleg, un osseto, il quale subito mi illuminò, perché sua moglie era insegnante
in quella scuola ed era stata presa prigioniera. La figlia invece era riuscita a fuggire
e gli aveva raccontato che, nel momento in cui i guerriglieri avevano preso il controllo
della scuola, dentro c’erano non decine, non centinaia, ma migliaia di persone. Arrivati
a Beslan ci rendemmo conto che ogni abitante del paese aveva almeno qualcuno dentro
la scuola. Erano tutti là intorno. C’erano anche uomini armati. E c’era una grande
disorganizzazione. Si tentava di trattare, ma i terroristi non cedevano. L’unico che
riuscì ad entrare dentro l’edificio fu l’ex presidente dell’Inguscezia, che convinse
i terroristi a consegnare i bambini più piccoli. Sembrò che ci si avviasse verso una
soluzione positiva. Poi, purtroppo, come sappiamo, il giorno dopo le cose andarono
diversamente.
D. – Si poteva evitare il massacro di
Beslan?
R. – E’ difficile dirlo, anche perché ancora
oggi non sappiamo esattamente cosa sia successo. Certamente fuori c’erano uomini armati
dappertutto e al momento del disastro gli specialisti dei gruppi Alfa, cioè le truppe
che avrebbero dovuto fare irruzione, si trovavano addirittura in un'altra scuola,
dove stavano studiando le mosse da compiere. Altri uomini, sempre dei reparti Alfa,
erano lì vicino. All’improvviso ci furono delle esplosioni. I kamikaze avevano minato
tutta la palestra, dove avevano riunito centinaia e centinaia di persone e alcuni
di questi kamikaze avevano un dispositivo con un pedale, sul quale tenevano il piede.
Bastava che togliessero il piede da quel pedale perché una delle cariche esplodesse.
E’ possibile che sia successo qualcosa del genere. Non è neanche da escludere, però,
che da fuori qualcuno abbia sparato. Dopo è iniziata la carneficina.
D.
– Centinaia di persone in questi giorni si sono radunate nella cittadina dell’Ossezia
del Nord per commemorare la tragedia. Nel resto della Federazione russa, come è stata
ricordata Beslan?
R. – Le autorità tentano di rimuoverla,
perché certamente non fu un loro successo. Ma soprattutto nelle zone che ancora oggi
sono colpite dal terrorismo ci sono state delle veglie e molte preghiere.