Benedetto XVI all'udienza generale: la bontà di Dio salva il mondo dai suoi mali.
Il ricordo della II Guerra Mondiale: insegni all'uomo lo spirito della pace
In un’epoca di grandi fragilità, è la bontà del cuore di Dio a trasformare il mondo
e a renderlo impermeabile ai suoi vizi. L’insegnamento che fu di un monaco medievale
francese, Sant’Oddone, è stato riproposto da Benedetto XVI come pienamente valido
per la realtà contemporanea. Il Papa ha parlato dell’abate Oddone all’udienza generale
di questa mattina - presieduta in Aula Paolo VI davanti a circa ottomila persone -
durante la quale ha ripreso dopo la pausa estiva le catechesi sui grandi scrittori
della Chiesa antica. E ricordando “l’assurdità” della Seconda Guerra Mondiale, il
Pontefice - che al termine dell’udienza ha fatto poi ritorno a Castel Gandolfo - ha
pregato perché lo spirito di perdono e di pace “pervada il cuore degli uomini”. Il
servizio di Alessandro De Carolis:
Un uomo interiormente
buono ed esteriormente austero, la cui sobrietà si propose e si oppose come un argine
ai “vizi” della società del suo tempo, quella medievale tra l’Otto e il Novecento
dopo Cristo. Fu questo Sant’Oddone, abate di Cluny, che Benedetto XVI ha presentato
- della Chiesa di quell’epoca - come “figura luminosa”:
“Essa
si colloca in quel medioevo monastico che vide il sorprendente diffondersi in Europa
della vita e della spiritualità ispirate alla Regola di san Benedetto. Vi fu in quei
secoli un prodigioso sorgere e moltiplicarsi di chiostri che, ramificandosi nel continente,
vi diffusero largamente lo spirito e la sensibilità cristiana”. Illustrandone
la biografia, il Papa ha spiegato che oltre al fascino dell’esperienza benedettina
dal quale si lasciò catturare, in Sant’Oddone fu anche la percezione della vicinanza
della Vergine nella sua vita - avvertita e pregata fin dall’adolescenza come “Madre
di Misericordia” - a spingerlo sulla strada del monastero. Cresciuto all’ombra di
un altro futuro Santo, Martino di Tours, Oddone approda a Cluny dove diventa abate
nel 927. La sua personalità, ha affermato Benedetto XVI, eserciterà un “vasto influsso”
sui monasteri europei, grazie soprattutto alle grandi virtù mostrate dell’abate: pazienza,
disprezzo del mondo, attenzione ai poveri, cura dei giovani, rispetto degli anziani.
Il Papa ha menzionato in particolare la devozione coltivata dell’abate verso il Corpo
e al Sangue di Cristo in contrapposizione alla “trascuratezza” che si registrava nel
suo tempo:
“Purtroppo, annota il nostro abate,
questo ‘sacrosanto mistero del Corpo del Signore, nel quale consiste tutta la salvezza
del mondo’, è negligentemente celebrato. Solo chi è unito spiritualmente a Cristo
può partecipare degnamente al suo Corpo eucaristico: in caso contrario, mangiare la
sua carne e bere il suo sangue non sarebbe di giovamento, ma di condanna. Tutto questo
ci invita a credere con nuova forza e profondità la verità della presenza del Signore
(…) che si consegna nelle nostre mani e ci trasforma come trasforma il pane e il vino,
trasforma così il mondo”. L’abate
Oddone dunque, ha considerato in definitiva Benedetto XVI, spicca come un “riformatore”
che, di fronte alla vastità dei vizi diffusi nella società”, proponeva “il rimedio”
di “un radicale cambiamento di vita fondato sull’umiltà”, sul “distacco dalle cose
effimere e l’adesione a quelle eterne”. Ma il velo di tale severità nascondeva, ha
messo in risalto il Papa, una sostanziale qualità di Oddone:
“Era
austero, ma soprattutto era buono, un uomo di una grande bontà, una bontà che proviene
dal contatto con la bontà divina (…) In questo modo il vigoroso ed insieme amabile
abate medioevale, appassionato di riforma, con azione incisiva alimentava nei monaci,
come anche nei fedeli laici del suo tempo, il proposito di progredire con passo solerte
sulla via della perfezione cristiana. Vogliamo sperare che la sua bontà, la gioia
che proviene dalla fede, unite all’austerità e all’opposizione ai vizi del mondo,
tocchino anche il nostro cuore, affinché anche noi possiamo trovare la fonte della
gioia che scaturisce dalla bontà di Dio”. Dopo
la sintesi delle catchesi nelle altre lingue, al momento dei saluti in polacco, Benedetto
XVI ha parlato del 70.mo anniversario dell’inizio della Seconda Guerra Mondiale, ricordato
ieri:
“W pamięci narodów pozostaje... Nella
memoria dei popoli - ha detto - rimangono le umane tragedie e l’assurdità della guerra.
Chiediamo a Dio che lo spirito del perdono, della pace e della riconciliazione pervada
i cuori degli uomini. L’Europa e il mondo di oggi hanno bisogno di uno spirito di
comunione. Costruiamola su Cristo e sul suo Vangelo, sul fondamento della carità e
della verità”. Infine, Benedetto
XVI ha rivolto un saluto anche ai partecipanti al Simposio Intercristiano promosso
dalla Pontificia Università Antonianum e dall’Università Aristoteles di Tessalonica.
“Auspico - ha concluso - che la riflessione comune tra cattolici e ortodossi sulla
figura di Sant’Agostino possa rafforzare il cammino verso la piena comunione”.