2009-09-01 14:42:19

L'intenzione missionaria di settembre del Papa dedicata ai cristiani in difficoltà di Laos, Cambogia e Myanmar. Intervista con padre Angelo Pelis


“Perché i cristiani nel Laos, in Cambogia e in Myanmar, che incontrano spesso grandi difficoltà, non si scoraggino nell’annunciare il Vangelo ai loro fratelli, confidando nella forza dello Spirito Santo”. recita così l’intenzione di preghiera missionaria di Benedetto XVI per il mese di settembre. Ma qual è la situazione della Chiesa nel Laos? Lo abbiamo chiesto a padre Angelo Pelis, missionario Oblato di Maria Immacolata, che dal 1963 al 1985 ha svolto il suo servizio nel Paese e che oggi è postulatore della Causa di beatificazione di padre Mario Borzaga e di un catechista, uccisi nel Laos nel 1960.RealAudioMP3

R. - La Chiesa vive in una situazione che non chiamerei di persecuzione oggi. E’ stata perseguitata, perché sono stati perseguitati soprattutto i pochi sacerdoti e i laici nei villaggi: si è giunti al colmo di chiedere l’apostasia. Oggi, la Chiesa vive sotto il controllo delle autorità.

 
D. - Quali sono state le conseguenze nella Chiesa locale?

 
R. - Due dati concreti. Dal 1975, nel nord Laos c’è un solo sacerdote che purtroppo ha anche sofferto anni di prigionia. Poi però, liberato, è rimasto e dal 1998 è amministratore apostolico. il secondo dato è che dal 1975, nel nord Laos, non si è più celebrata l’Eucarestia. Questa è la grossa sofferenza che ancora viviamo.

 
D. - Padre Angelo, che cosa è cambiato in positivo in questi anni?

 
R. - Qualche mese fa, parlo del mese di gennaio, dopo 34 anni, a Luang Prabang - antica capitale reale, sempre nel nord Laos - è tornata una comunità religiosa femminile che si occupa di un gruppo di audiolesi, sordomuti. Nella capitale Vientiane, invece, c’è dal 1983 un vescovo oblato, nativo del Laos, mons. Jean Khamse Vithavong, che ha portato avanti la sua missione e con molta fatica. Era rimasto con pochissimi sacerdoti - alcuni di loro malati e anziani - che hanno sofferto soprattutto nello spirito i condizionamenti e i controlli delle autorità. Anche lui però ha avuto la soddisfazione e la grande gioia, dopo 30 anni, nel giugno di tre anni fa, di vedere ordinati sacerdoti due giovani che hanno fatto i loro studi al’estero.

 
D. - Qual è la sua speranza per il Paese?

 
R. - E’ che si possa trovare una via di maggior dialogo con il governo del Laos, che ultimamente sembra aver compreso la fondamentale missione umanitaria della Chiesa cattolica. Quindi la speranza è che un giorno possa essere dato anche a noi stranieri, che siamo stati i primi nell’evangelizzazione - parlo soprattutto dei francesi, ma anche noi italiani dal 1957 - di poter tornare nel Paese. Ma la speranza bella è lì sul posto. La realtà alla quale faccio riferimento è il seminario, per così dire, nazionale aperto nel sud Laos, che accoglie circa 20 giovani e da dove pian piano stanno venendo fuori i nuovi sacerdoti.







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