La riforma della scuola in India mina la libertà di oltre diecimila istituti cattolici
La Chiesa cattolica indiana teme che la nuova legge nazionale sull’educazione approvata
dal parlamento rischia di minare la libertà di educazione, portando interferenze della
politica nella gestione degli istituti privati. La legge, varata il 4 agosto, realizza
il “Diritto dei bambini all’educazione gratuita e obbligatoria” che l’esecutivo del
premier Manmohan Singh aveva inserito nell’agenda dei primi cento giorni di governo.
Kapil Sibal, ministro per lo Sviluppo delle risorse umane, ha definito la legge “il
segnale di una nuova era”. Per padre Babu Joseph, portavoce della Conferenza episcopale
Indiana, “il governo ha compiuto una scelta importante nella giusta direzione” che
ripara “ad un grave ritardo nell’assicurare la scuola a tutti i ragazzi, dai 6 ai
14 anni”. Tuttavia “la nuova legge - spiega padre Babu ad AsiaNews - include la clausola
21 in cui si afferma che tutti gli istituti che ricevono sovvenzioni dallo Stato devono
costituire un comitato amministrativo che segua l’andamento della scuola composto
da rappresentanti eletti dell’autorità locale, dei genitori degli alunni e degli insegnanti”.
Lo scopo del comitato è quello di far sviluppare un sempre maggior legame tra la comunità
locale e la scuola. Il portavoce della Chiesa indiana riconosce la bontà dell’intento,
ma non nasconde che esso dia anche motivi di seria preoccupazione per gli oltre 10mila
istituti cattolici sparsi nel Paese. “In primo luogo siamo preoccupati – afferma padre
Babu – perché questa clausola offre un’eccessiva possibilità di intervento della politica
nelle questioni amministrative. In secondo luogo le istituzioni sino ad oggi hanno
lavorato senza intoppi. Il nostro sistema ha funzionato bene con la soddisfazione
di tutti ed il direttore della scuola era deciso dal vescovo locale o dal superiore
dell’istituto religioso insieme ai rappresentanti dei genitori e degli studenti. Non
vediamo dunque un motivo ragionevole per cambiare sistema. In terzo luogo la nostra
esperienza ci dice che le scuole pubbliche che hanno leader politici nei loro comitati
amministrativi non sono gestite bene”. Per la Chiesa indiana il rischio molto concreto
è che la Clausola 21 danneggi la libertà garantita alle istituzioni cristiane. Padre
Babu afferma che le scuole “possono essere in pericolo di estinzione e minate dalla
presenza di persone mal disposte o anche ostili verso di noi. In alcuni Stati la Chiesa
patisce già per problemi con le leadership politiche e questa disposizione potrà solo
aggravarli se diventa effettiva”. Le scuole cattoliche, unite a quelle protestanti,
forniscono un contributo importante al sistema educativo del Paese, per la maggior
parte affidato a istituti privati. Padre Babu afferma: “Il 60% dei nostri istituti
si trovano in aree rurali e raggiungono i ragazzi più poveri ed emarginati della società
che rappresentano il 55% della popolazione scolastica. Nei nostri istituti studiano
ragazze, spesso escluse dall’istruzione e solo una piccola parte degli alunni è costituita
da cristiani, perché la maggioranza sono indù, musulmani o di altre fedi”. (R.P.)