E’ morto il senatore Ted Kennedy, ultimo protagonista della famiglia simbolo della
politica americana. Il commento dello storico Giuseppe Mammarella
L’America è in lutto per la scomparsa del senatore democratico Ted Kennedy, morto
la notte scorsa a 77 anni in Massachusetts, dopo una lunga lotta contro un tumore
al cervello. “Ho il cuore infranto”, ha affermato Barack Obama, mentre l’ex presidente
George W. Bush ha definito Ted Kennedy “una figura di grande profilo”. Cattolico,
eletto al Senato nel 1962, il suo nome è inscindibilmente legato a quello dei fratelli,
John e Robert. Nonostante la malattia, Ted Kennedy, soprannominato “il leone democratico”,
si era impegnato senza risparmio di energie per l’elezione di Obama. Proprio il neopresidente
americano - in occasione della visita in Vaticano lo scorso 10 luglio - aveva consegnato
al Papa una lettera del senatore. Per un commento sulla figura di Ted Kennedy, Alessandro
Gisotti ha intervistato l’americanista Giuseppe Mammarella, professore
emerito di Relazioni Internazionali alla Stanford University:
R. - E’ stato
uno dei più vecchi senatori, quelli che hanno servito più a lungo e che hanno, fra
l’altro, prodotto una quantità incredibile di progetti di legge. E' un uomo che certamente
ha dominato la vita politica di una parte del suo partito: lui era considerato uno
dei più “liberal” e “liberal” nel linguaggio americano significa molto progressista,
molto a sinistra, aveva questa immagine. Ma aveva anche un’altra funzione, cioè quella
di guidare la famiglia Kennedy: era il patriarca dopo la morte dei due fratelli John
Kennedy, assassinato a Dallas, e Robert Kennedy, assassinato nel 1968 a Los Angeles
quando correva per la nomination democratica. Ted era rimasto, in fondo, il
rappresentante di questa grande famiglia che ha continuato e probabilmente continuerà,
entro certi limiti, a dare i suoi contributi alla vita politica americana.
D.
- Quale, secondo lei, è stato il suo successo più significativo?
R.
- Tutto un lavoro che ha condotto attraverso gli anni e che ha portato all’approvazione
di tutta una serie di leggi sui temi dell’immigrazione, per esempio, sulla salute,
sui diritti civili… Non si è trattato, in altre parole, di successi isolati. Anche
perché poi fino agli anni Novanta, l’uomo è stato al centro di una serie di giudizi
non sempre molto favorevoli per la sua vita un po’ scapigliata…
D.
- Quanto influisce ancora oggi il "mito" kennediano sulla politica americana, specie
tra i democratici?
R. - E’ ancora così forte che
Obama fa riferimento al mito Kennedy, alla famiglia Kennedy, all’esempio dei Kennedy
costantemente. Il presidente Obama sta passando la sua vacanza di una settimana al
Martha’s Vineyard, questa famosa isola, che era il luogo “preferito” per le vacanze
dei Kennedy… Insomma, i riferimenti alla famiglia Kennedy e all’esempio di John e
di Robert sono obbligatori per ogni candidato democratico. Anche Clinton faceva riferimento
frequente a Kennedy e cercava di porsi come un erede di Kennedy, e così pure Obama.
Quindi, in questo senso il mito è ancora forte. Però, Edward Kennedy forse è l’ultima
espressione di questo mito.
D. - Il senatore Kennedy
era presidente del Comitato per la sanità al Senato. Obama perde un alleato fondamentale,
forse, nel suo tentativo di riformare il sistema sanitario americano?
R.
- Certo, era un alleato importante e certamente il contributo che Kennedy avrebbe
potuto dare al dibattito sarebbe stato un contributo importante, grazie anche a questa
sua autorevolezza e grazie anche alla sua competenza, perché lui si è sempre occupato
di questi problemi e buona parte dei progetti di legge che lui ha presentato erano
su questa tematica. Ted Kennedy ha cercato, prima di morire, di trovare già un suo
sostituto nel seggio senatoriale: ma, ripeto, questo è assolutamente fuori dalle regole,
fuori dalla consuetudine, perché ci potesse essere un voto in più a favore del progetto
Obama.