Iraq: appello dei cristiani dopo i recenti attentati a Baghdad
Sebbene le chiese non siano state l'obiettivo dell'ultima ondata di attentati in Iraq,
diversi capi religiosi si stanno appellando alla comunità internazionale affinché
faccia tutto quello che è possibile per incoraggiare e dare sostegno al Paese flagellato
dalla violenze e alla sua popolazione. In quella che è stata la giornata più cruenta
nel Paese asiatico dal febbraio del 2008, si ricorda, diverse autobombe hanno causato
la morte di almeno 95 persone e il ferimento di altre 400. Anche la chiesa di Nostra
Signora di Fatima, a Baghdad, - riferisce l'Osservatore Romano - ha riportato danni
ma l'arcivescovo di Baghdad dei Latini, Jean Benjamin Sleiman ha affermato di non
credere che la chiesa sia stata oggetto di uno specifico attacco, nel quale comunque
non si sono registrati feriti. Ciononostante, il presule ha sottolineato quanto sia
importante per i credenti nel mondo fornire il loro incoraggiamento, nella situazione
di corrente instabilità, ai cristiani iracheni già duramente colpiti dagli attacchi
che nel mese scorso hanno colpito sette chiese e nei quali sono morte quattro persone:
«Siamo scioccati — ha detto l'arcivescovo — da questa violenza. La paura della violenza
è ovunque, la violenza sta colpendo tutti». Altri appelli si sono susseguiti all'indomani
degli attentati recenti affinché la comunità internazionale e in special modo quanti
sono impegnati in Iraq abbiano sempre presente quale priorità il bene del Paese e
della sua popolazione. Il messaggio più importante consiste nell'esortazione a fare
il bene comune piuttosto che gli interessi propri di singole fazioni. È del resto
questo stesso messaggio a essere messo sotto attacco dagli attentatori, come confermato
dallo stesso primo ministro al Maliki, il quale ha spiegato come chi ha ideato e portato
a termine gli attentati sia animato dalla volontà di rendere vani gli sforzi di arrivare
a un società irachena sicura e vivibile, senza barriere fisiche e ideali all'interno
della popolazione. Uno sforzo quanto mai delicato, a circa due mesi dal ritiro delle
forze militari degli Stati Uniti dalle città irachene in ottemperanza al programma
che prevede il completo ritiro del personale militare entro la fine del 2011. Già
dal prossimo anno tuttavia — entro agosto 2010 — le forze di combattimento dovranno
aver abbandonato il Paese, lasciando a un solo contingente di circa 50.000 uomini
il compito di addestrare le forze di sicurezza e altro personale iracheno in un periodo
di transizione che, anche alla luce dei recenti attentati, si rivela particolarmente
delicato. (L.Z.)