2009-08-25 15:39:16

Gli immigrati e l'Europa, quando la politica vuole univocità. Intervista con Oliviero Forti


Un gommone con 57 immigrati è stato soccorso stamani da un pattugliatore della Guardia di Finanza a circa 30 miglia a sud di Lampedusa, in acque di competenza maltese. Resta aperta, intanto, la discussione sul ruolo dell’Unione Europea, dopo che il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, ha denunciato l'assenza dell'Europa di fronte al problema dell'immigrazione clandestina. Rispondendo al capo della diplomazia italiana, fonti comunitarie fanno sapere che già alla prossima riunione dell’euro gruppo del due settembre sarà presentato un piano di ridistribuzione europeo per i rifugiati provenienti da Paesi terzi. Ma quanto è importante una gestione condivisa a livello europeo del fenomeno immigrazione? Debora Donnini lo ha chiesto a Oliviero Forti, responsabile dell’ufficio immigrazione della Caritas italiana:RealAudioMP3

R. - Certamente, aiuterebbe in qualche modo a far decomprimere i flussi che attualmente vivono i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo: l’Italia, Malta, piuttosto che la Grecia e la Spagna. E’ un problema certamente europeo, che ha bisogno di politiche condivise. Nessuno ha intenzione di voler risolvere la grande questione migratoria attraverso singole previsioni, però certamente una politica più lungimirante sarebbe di grande aiuto e sostegno a situazioni, che poi hanno in quelle tragedie, che abbiamo purtroppo vissuto solo qualche giorno fa, l’epilogo peggiore.

 
D. - La Commissione Europea ha segnalato la necessità di condividere meglio la questione a livello europeo...

 
R. - L’Europa non ha mai voluto realmente intervenire sul tema migratorio in maniera forte, come in altri casi. Solo su determinate questioni ha cercato di trovare una politica comune. Ma, sostanzialmente, l’immigrazione oggi è ancora tema strettamente legato alle politiche interne dei singoli Paesi. Finché questo avverrà, evidentemente sarà molto difficile lavorare congiuntamente, perché i singoli Paesi decidono modalità di ingresso, termini e modi per stabilire le quote e tutto questo spesso in maniera anche strumentale alle proprie politiche interne. Quindi, tutto ciò certamente non aiuta una gestione di flussi che riguardano le sponde sud dell’Europa, ma che in qualche modo vanno poi ad incidere su tutto il resto del continente, giacché spesso si tratta di migranti che si muovono e non rimangono né in Italia né in Grecia né in Spagna.

 
D. - Secondo lei, però, sarebbe realizzabile a livello europeo una maggiore condivisione?

 
R. - Non solo è fattibile, ma è necessaria. Certo, i tempi non sono stretti come qualcuno vorrebbe. Quindi, non si risolve tutto nell’arco né di qualche mese né di qualche anno. Bisogna, però, avviare il processo.







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