Gli immigrati e l'Europa, quando la politica vuole univocità. Intervista con Oliviero
Forti
Un gommone con 57 immigrati è stato soccorso stamani da un pattugliatore della Guardia
di Finanza a circa 30 miglia a sud di Lampedusa, in acque di competenza maltese. Resta
aperta, intanto, la discussione sul ruolo dell’Unione Europea, dopo che il ministro
degli Esteri italiano, Franco Frattini, ha denunciato l'assenza dell'Europa di fronte
al problema dell'immigrazione clandestina. Rispondendo al capo della diplomazia italiana,
fonti comunitarie fanno sapere che già alla prossima riunione dell’euro gruppo del
due settembre sarà presentato un piano di ridistribuzione europeo per i rifugiati
provenienti da Paesi terzi. Ma quanto è importante una gestione condivisa a livello
europeo del fenomeno immigrazione? Debora Donnini lo ha chiesto a Oliviero
Forti, responsabile dell’ufficio immigrazione della Caritas italiana:
R. - Certamente,
aiuterebbe in qualche modo a far decomprimere i flussi che attualmente vivono i Paesi
che si affacciano sul Mediterraneo: l’Italia, Malta, piuttosto che la Grecia e la
Spagna. E’ un problema certamente europeo, che ha bisogno di politiche condivise.
Nessuno ha intenzione di voler risolvere la grande questione migratoria attraverso
singole previsioni, però certamente una politica più lungimirante sarebbe di grande
aiuto e sostegno a situazioni, che poi hanno in quelle tragedie, che abbiamo purtroppo
vissuto solo qualche giorno fa, l’epilogo peggiore.
D.
- La Commissione Europea ha segnalato la necessità di condividere meglio la questione
a livello europeo...
R. - L’Europa non ha mai voluto
realmente intervenire sul tema migratorio in maniera forte, come in altri casi. Solo
su determinate questioni ha cercato di trovare una politica comune. Ma, sostanzialmente,
l’immigrazione oggi è ancora tema strettamente legato alle politiche interne dei singoli
Paesi. Finché questo avverrà, evidentemente sarà molto difficile lavorare congiuntamente,
perché i singoli Paesi decidono modalità di ingresso, termini e modi per stabilire
le quote e tutto questo spesso in maniera anche strumentale alle proprie politiche
interne. Quindi, tutto ciò certamente non aiuta una gestione di flussi che riguardano
le sponde sud dell’Europa, ma che in qualche modo vanno poi ad incidere su tutto il
resto del continente, giacché spesso si tratta di migranti che si muovono e non rimangono
né in Italia né in Grecia né in Spagna.
D. - Secondo
lei, però, sarebbe realizzabile a livello europeo una maggiore condivisione?
R.
- Non solo è fattibile, ma è necessaria. Certo, i tempi non sono stretti come qualcuno
vorrebbe. Quindi, non si risolve tutto nell’arco né di qualche mese né di qualche
anno. Bisogna, però, avviare il processo.