Africa, crisi economica e immigrazione in primo piano al Meeting di Rimini. Interviste
con Franco Frattini e Giorgio Guerrini
Seconda giornata del Meeting per l’amicizia fra i popoli, inaugurato ieri a Rimini
e giunto alla sua 30.ma edizione. Numerosi gli incontri e le tavole rotonde che sviluppano
le diverse dimensioni del tema del Meeting, “La conoscenza è sempre un avvenimento”.
Sull’apertura dei lavori, dopo la Messa di ieri mattina con il messaggio di Benedetto
XVI, ci riferisce il nostro inviato a Rimini, Luca Collodi: “L’Africa
deve essere considerata un ‘interlocutore politico’ dalla comunità internazionale
e partecipare al tavolo delle decisioni a cominciare da una maggiore apertura del
commercio mondiale”. Lo ha sostenuto il ministro degli Esteri italiano, Franco
Frattini, intervenendo ieri al Meeting di Rimini, tra gli altri con il
vicepresidente della Sierra Leone, Alhaji Abu Bakarr Sidique Sam-Sumana, e il primo
ministro keniota, Raila Odinga. “L’Africa - ha detto Frattini - è il continente dei
conflitti dimenticati che alimentano la criminalità organizzata e la violazione dei
diritti umani. Se riusciamo a dimostrare che è una opportunità e non un problema,
avremo dato un grande contributo alle sfide che abbiamo davanti: la lotta alla povertà,
i diritti umani, la sicurezza alimentare e i cambiamenti climatici”. Il vicepresidente
della Sierra Leone, Sam-Sumana, ha chiesto ai media internazionali una maggiore informazione
sui conflitti che dilaniano il Continente. “Non parlarne - ha sottolineato - significherebbe
renderli ancora più frequenti”. Ma per il ministro della Sicurezza dell’Uganda, Manbazi,
“il vero problema resta l’immobilità della comunità internazionale di fronte alle
violenze interne ai vari Paesi africani”. Sull’immigrazione, il ministro degli esteri
Frattini considera “un dovere morale aiutare chi è in difficoltà”. Anche se, ha aggiunto,
“l’altro dovere morale è aiutare gli africani a eliminare le cause che determinano
l’emigrazione verso l’Occidente”. Un problema di valenza europea, non solo di Malta,
dell’Italia o della Grecia. E sulla recente tragedia in mare al largo di Malta, nella
quale hanno perso la vita almeno 73 clandestini, il ministro ha detto alla Radio Vaticana:
R.
- E’ evidente che, al di là dell’immediato soccorso, vi sono degli obblighi internazionali.
Vi è una zona che si chiama proprio “di ricerca e salvataggio”, maltese, che deve
essere coperta dai maltesi: sono 250 mila kmq di mare. Noi abbiamo detto: “Forse un’area
un po’ grande per la piccolissima Malta”. Noi continuiamo a ritenere che un negoziato
che dura da 10 anni con Malta, per quello spazio di mare, sia indispensabile per l’intera
comunità internazionale ma Malta ha detto di no.
D.
- Ministro Frattini, cosa pensa del dibattito in corso?
R.
- I problemi non si affrontano con le polemiche, si affrontano dicendo: “Creiamo le
condizioni perché la gente disperata sia un po’ meno disperata e non venga in Italia,
che è la porta dell’Europa”. Quando, poi, qualcuno viene in Italia, noi dobbiamo chiedere
all’Europa che si faccia carico di una divisone dei pesi, degli oneri, delle responsabilità.
Diecimila persone che arrivano a Lampedusa, certamente, l’Italia non è in grado di
tenerle. Ventisette Paesi europei potrebbero dividere, in parte, le responsabilità.
Questa è la proposta ragionevole che noi facciamo all’Europa.
Intanto,
stamani, economia in primo piano al Meeting di Rimini con la tavola rotonda sul tema
“Affrontare la crisi e rilanciare le imprese: da dove partire?” in collaborazione
con Unioncamere. All’incontro, hanno partecipato Raffaele Bonanni, segretario generale
Cisl, Corrado Passera,consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, e Bernhard
Scholz,presidente della Compagnia delle Opere. Con loro anche Giorgio Guerrini,
presidente di Confartigianato, che al microfono del nostro inviato Luca Collodi
si sofferma sull’impatto della crisi economica sulle imprese artigiane:
R. - L’economia
colpisce tutti. Colpisce le grandi aziende, le piccole e medie aziende ed anche le
imprese artigiane. La differenza che c’è tra un’impresa di grandi dimensioni ed una
piccola impresa è che i livelli di protezione che hanno le grandi imprese non sono
quelli che hanno quelle piccole. Quindi un imprenditore artigiano, un piccolo-medio
imprenditore è totalmente esposto, con la propria azienda, alle oscillazioni del mercato
perché non ha paracaduti e perché non ha ammortizzatori. Quindi, lo sforzo che oltre
quattro milioni di imprese italiane del commercio, dell’artigianato e dei servizi
hanno fatto in quest’anno così difficile, con diminuzioni sensibili di fatturati e
di ordini, per il Paese non ha avuto, fortunatamente, un’uguale contrazione dell’occupazione.
Le imprese, però, sono stremate.
D. - Quando si parla
di imprese artigiane, si parla di nuclei familiari che lavorano…
R.
- L’impresa artigiana è un’impresa a caratteristica familiare. Può avere anche delle
dimensioni ampie, può essere un’azienda che ha molti dipendenti, che ha un fatturato
e un export importanti, ma è ancorata alla famiglia. Ha quindi anche tutti quelli
che sono i valori dell’impresa familiare, radicata nel territorio e che ha un rapporto
con i propri dipendenti positivo e non di contrapposizione. Credo che in una crisi
come questa la tenuta del sistema delle imprese italiane abbia le radici in questo
tipo d’impostazione. Le aziende sono condotte come famiglie e quando arrivano i momenti
di crisi l’imprenditore non abbandona la "barca", ma cerca di far passare il periodo
brutto per poter permettere alla propria famiglia di andare avanti.
D.
- La crisi del settore significa quindi crisi del nucleo familiare…
R.
- La crisi del settore significa crisi dei gruppi familiari, perché intorno alla piccola
impresa di quattro, cinque o dieci dipendenti, ci sono quattro, cinque o dieci famiglie.
Il sacrificio - anche dal punto di vista economico - che gli imprenditori e i loro
dipendenti hanno dovuto fare è stato un sacrificio importante, che vede le imprese
in una situazione molto difficile.
D. - In questo
clima globale di grandi industrie e di grandi capitali c’è qualcuno che ha ancora
interesse nel mantener vivo questo settore artigiano?
R.
- Certo, è la spina dorsale dell’economia del Paese. Se mollano le imprese artigiane
qui non rimane più nulla, perché queste danno occupazione a milioni di persone che
reinvestono il proprio reddito ed i propri salari nel loro Paese e nella loro città.
(Montaggio a cura di Maria Brigini)