Obama in Cina a novembre: la ripresa parte dall'Asia
Il presidente statunitense Barack Obama si recherà in visita a Pechino, in Cina, a
metà novembre: lo ha reso noto oggi l'ambasciatore Usa nella capitale cinese. Sul
tavolo dei rapporti sino-americani ci sono questioni spinose come quelle sulle politiche
economiche e commerciali, le ambizioni regionali della Nord Corea e la sfida al cambiamento
climatico. Sul fronte dell'economia intanto il presidente della Federal Reserve, Ben
Bernanke, ha detto che è iniziata la fine della crisi. La ripresa - ha rilevato "all'inizio
sarà lenta”. Il cauto ottimismo di Bernanke ha spinto in alto Wall Street e i listini
europei che ieri hanno chiuso ai massimi da oltre 10 mesi. Ma il mondo è veramente
uscito dalla crisi economica? Marco Guerra lo ha chiesto a Giacomo Vaciago,
direttore dell’Istituto di Economia e Finanza dell’Università Cattolica di Milano: R. – Già da
aprile la produzione industriale ha smesso di scendere e nei mesi successivi questa
ripresa si è consolidata. C’è però un problema: la ripresa è partita in Asia e nei
Paesi emergenti quali Brasile, Cina, India, Singapore, Taiwan e così via. La vera
sommessa è quanto questa ripresa potrà "contagiare" la domanda delle nostre economie,
perché al momento sono ripartite le nostre esportazioni e quindi c’è ancora un rischio. D.
– E’ possibile prevedere una netta inversione di tendenza anche sul piano occupazionale? R.
– Non per ora. Settembre è ancora un mese molto pericoloso perché molte aziende, nella
primavera di quest’anno, hanno licenziato poco rispetto alla caduta della produzione
e quindi c’è un fabbisogno di riduzione del personale ancora presente. D.
– Secondo alcune stime, a settembre la crescita della Cina arriverà all’8,5 per cento
ed è di oggi la notizia che Obama si recherà, a novembre, in visita a Pechino. Ormai
l’asse dell’economia mondiale si è spostato sul Pacifico? R.
– Questa ripresa conferma quello che era già nell’aria negli anni scorsi: si era parlato
di “Chimerica”, ossia China più America. Oggi Cina e Stati Uniti sono molto più convergenti
rispetto ad Europa e Stati Uniti in quelli che sono gli interessi economici e strategici.
L’Atlantico si è ampliato ed il Pacifico si è ridotto. Questo crea un problema enorme
per l’Europa, perché noi, da soli, non contiamo più nulla. D.
– In questo quadro, quindi, quale sarà il ruolo dell’Europa e dell’Italia? R.
– L’Italia può solo far squadra in Europa ed io auspico sempre che il nostro governo
riesca a lavorare con quello francese e tedesco. Insieme siamo ancora qualcuno. L’Europa
deve chiaramente procedere sulla sua strada d’integrazione. I 27, insieme, hanno un
Pil pari a quello americano e a quello di tutti i Paesi emergenti. Peccato che sono
27 Paesi non ancora uniti. L’unica speranza è che l’Europa dimostri di esistere.