Da oggi partono gli adempimenti per regolarizzare colf e badanti in nero. I datori
di lavoro che vorranno avviare la procedura di emersione dal lavoro irregolare potranno
cominciare a pagare il contributo di 500 euro per ciascun lavoratore utilizzando l’apposito
modello F24, che si può trovare in banca, alla posta e sui siti dell’Agenzia delle
Entrate, del ministero del Lavoro, dell’Interno e dell’Inps. Su questa procedura Alessandro
Guarasci ha sentito il parere di Andrea Olivero, presidente delle Acli:
R. – La modalità
del pagamento non è particolarmente complessa. Naturalmente, la maggioranza delle
famiglie probabilmente si avvarrà di qualche consulente per andare ad evitare errori
che in questo caso sarebbero particolarmente pesanti. Però è gravoso il sistema: 500
euro di sanzioni, a cui vanno aggiunti i requisiti minimi sia per quanto riguarda
il costo di queste lavoratrici e lavoratori e anche del reddito che devono avere i
datori di lavoro, sono piuttosto alti. Comportano poi dei rischi da parte dello Stato
che alcuni cittadini non siano messi nella condizione di poter regolarizzare e quindi
di poter utilizzare questo strumento che in ogni caso era assolutamente necessario.
D.
– Lei ha detto “uno strumento necessario”. Bisognava però secondo voi estendere questa
regolarizzazione anche ad altre forme professionali?
R.
– Sì, perché ci rendiamo conto perfettamente che nel nostro Paese vi sono oggi molti
lavoratori che sono impiegati in particolari settori, non soltanto quello della cura,
che sono ampiamente inseriti all’interno del mercato del lavoro e poi anche nella
comunità civile del nostro Paese. Non consentire ai datori di lavoro di poterli regolarizzare,
a parer nostro, è un limite. Un limite, per altro, che alla fine poi si paga collettivamente
perché non dando la possibilità di regolarizzarsi non si avviano anche tutte quelle
procedure di integrazione sociale che consentono effettivamente maggiore sicurezza
ai cittadini italiani e contestualmente ai cittadini stranieri che lavorano, vivono,
risiedono nel nostro Paese e che molte volte hanno anche famiglia. Quindi, l’utilizzo
di questa norma così parziale, cioè soltanto per una categoria di lavoratori, ci pare
riduttivo e soprattutto non in grado di risolvere il vero grande problema che c’è
nel nostro Paese: quello di andare a discriminare tra chi lavora, tra chi ha tutto
l’interesse ad inserirsi e, invece, quei pochi che sono dediti ad attività criminali
o comunque non legali.