Acquistare è sempre un atto morale e non solo economico. I commenti di Paolo Landi
e Sergio Marelli sulla Caritas in veritate
“È bene che le persone si rendano conto che acquistare è sempre un atto morale, oltre
che economico”: è la riflessione di Benedetto XVI nella Caritas in veritate,
che dedica un intero paragrafo alla realtà dei consumatori e alla loro responsabilità
sociale. Il Papa mette l’accento sull’educazione dei consumatori al rispetto dei principi
morali, che non sono mai contrari alla razionalità economica dell’acquisto. Il servizio
di Alessandro Gisotti:
Benedetto
XVI rileva che la “interconnessione mondiale ha fatto emergere un nuovo potere politico,
quello dei consumatori e delle loro associazioni”. Si tratta, scrive il Papa, di un
fenomeno “che contiene elementi positivi da incentivare e anche eccessi da evitare”.
È bene, è l’esortazione della Caritas in veritate, “che le persone si rendano conto
che acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico”. C'è dunque, aggiunge
l’Enciclica, “una precisa responsabilità sociale del consumatore, che si accompagna
alla responsabilità sociale dell'impresa”. I consumatori vanno perciò “continuamente
educati al ruolo che quotidianamente esercitano e che essi possono svolgere nel rispetto
dei principi morali, senza sminuire la razionalità economica intrinseca all'atto dell'acquistare”.
Nell’attuale momento di crisi, “in cui il potere di acquisto potrà ridursi e si dovrà
consumare con maggior sobrietà – rileva il Pontefice - è necessario percorrere altre
strade, come per esempio forme di cooperazione all'acquisto”. Il Papa indica l’esperienza
delle “cooperative di consumo, attive a partire dall'Ottocento anche grazie all'iniziativa
dei cattolici”. Ed auspica la realizzazione di “forme nuove di commercializzazione
di prodotti provenienti da aree depresse del pianeta per garantire una retribuzione
decente ai produttori”. E ciò, tuttavia, “a condizione che si tratti veramente di
un mercato trasparente, che i produttori non ricevano solo maggiori margini di guadagno,
ma anche maggiore formazione, professionalità e tecnologia, e infine che non s'associno
a simili esperienze di economia per lo sviluppo visioni ideologiche di parte”. Benedetto
XVI auspica infine “un più incisivo ruolo dei consumatori” come “fattore di democrazia
economica”.
Il Papa invoca dunque una responsabilità
etica del consumatore nell’atto dell’acquisto. Esortazione su cui si sofferma il segretario
generale dell’Adiconsum, Paolo Landi, intervistato da Alessandro Gisotti:
R. – Oggi
viviamo in una società dove la pubblicità ci induce ai consumi più vari, al consumismo
più sfrenato, anche laddove non abbiamo bisogno di comprare delle cose, pur di acquistare
l’ultimo modello, l’ultima novità … Bene, in questa Enciclica c’è un’affermazione
importante del consumo responsabile, un’attenzione sull’educazione al consumo responsabile;
su tutto il tema dell’energia, un uso responsabile del denaro rispetto ad un consumismo
sfrenato … E credo che questa sottolineatura dell’etica negli acquisti sia un dato
importante, in quello che è l’insegnamento della Chiesa e ci fa veramente piacere!
D.
– L’etica non è contro la razionalità economica in un acquisto …
R.
– Assolutamente no! Soprattutto dopo quello che è successo: quando abbiamo verificato
che l’economia, la finanza non erano più finalizzate allo sviluppo ma al business
in quanto tale, alla speculazione in quanto tale, e abbiamo visto i disastri che questo
ha fatto. E’ evidente che l’economia, se è finalizzata al benessere della popolazione
è una cosa importante, è una cosa positiva. Per questo è opportuno evidenziare l’etica
non soltanto nelle scelte sociali, ma anche da parte dei consumatori, perché i consumatori,
con le loro scelte, possono orientare l’economia, possono privilegiare quei consumi
dove c’è chiaramente il rispetto delle norme internazionali, il rispetto del lavoro
minorile, piuttosto invece che le imprese che operano utilizzando il lavoro minorile,
utilizzando questi fenomeni speculativi.
D. – Il
Papa auspica una maggiore sobrietà nello stile di vita …
R.
– Sì. Io credo che questa crisi economica, questa recessione che è in atto, porterà
anche ad un ripensamento degli stili di vita. Pensiamo alla questione telefonini:
oggi siamo in piena recessione e il consumo telefoni sta aumentando comunque, tutti
alla rincorsa dell’ultimo modello anche se quello precedente funziona egregiamente.
Io credo che qui vada ripensato il nostro modo di consumare; io credo che ci sia bisogno
di recuperare una dimensione che sia quella della qualità della vita, che sia quella
della solidarietà. E in questo, credo che l’insegnamento dell’Enciclica dia veramente
contenuti importanti.
Un commercio equo è la condizione
necessaria per far sì che i lavoratori dei Paesi in via di sviluppo vedano riconosciuti
i propri diritti. Ma questo è possibile solo attraverso una responsabilizzazione del
consumatore. E’ quanto sottolinea Sergio Marelli, direttore generale di Volontari
nel mondo-Focsiv, al microfono di Alessandro Gisotti:
R. – Non
bisogna mai dimenticare – e a questo mi sembra che il Santo Padre ci richiami – che
acquistando dei prodotti, in qualche modo noi contribuiamo a favorire un commercio
più giusto oppure delle regole che fino ad oggi hanno in qualche modo imperato nel
commercio internazionale, che tendono ad “avvantaggiare” quelle imprese che, proprio
violando i diritti umani e sfruttando i lavoratori, hanno massimizzato in questi anni
i loro profitti. Quindi, acquistare un prodotto significa anche contribuire a dare
la possibilità a milioni di produttori nei Paesi poveri di poter vivere di quanto
producono.
D. – Non è solo una questione economica,
dunque: è una questione culturale, di cambio di mentalità?
R.
– Assolutamente sì! E’ una questione di cambio culturale a livello individuale ma
con la consapevolezza che se ognuno di noi assume questa nuova cultura, questo atteggiamento
responsabile, contribuisce anche a modificare delle regole, dei giochi che sembrano
passare sopra la nostra testa. Insomma, il consumatore è un po’ come l’auditel per
le trasmissioni televisive: più singolarmente si contribuisce a privilegiare quei
prodotti che sono stati ottenuti anche con il rispetto della dignità della persona,
con il rispetto della giusta retribuzione che bisogna riconoscere ai produttori, e
più si condizionano anche i grandi circuiti internazionali.
D.
– Com’è possibile questa inversione di tendenza in una società che oggi potremmo addirittura
definire degli sprechi piuttosto che dei consumi?
R.
– Io penso che sia possibile proprio assumendo questo atteggiamento che, attraverso
delle scelte individuali quotidiane, seppur piccole, si abbia questa consapevolezza
di poter influire sui grandi meccanismi che regolano il commercio a livello internazionale.
E’ per questo che noi sosteniamo molto, per esempio, il Commercio equo e solidale,
che è proprio questo modo di commerciare e di consumare dei prodotti che, eliminando
gli intermediari che massimizzano i profitti, danno una più giusta retribuzione ai
produttori.