Nicaragua: cresce l'intolleranza anticattolica. Tre vescovi minacciati di morte
“La Chiesa nicaraguense continuerà a svolgere la sua missione evangelizzatrice nonostante
il clima di violenza verbale, intimidazione e le minacce di morte pervenute a tre
vescovi”. Con queste parole l’arcivescovo di Managua, mons. Leopoldo Brenes, presidente
della Conferenza episcopale, ha commentato le minacce di morte fatte arrivare con
lettere ed e-mail a mons. Juan Abelardo Mata, vescovo di Estelí e vicepresidente dell’episcopato,
a mons. Bernardo Hombach vescovo di Granada e a mons. René Sándigo, vescovo di Chontales.
“In realtà, ha aggiunto mons. Brenes, queste minacce non ci preoccupano più di tanto.
Noi continueremo il nostro lavoro, sempre e ovunque, soprattutto in questo anno dedicato
al sacerdote”. In Nicaragua, da giorni si acuisce il clima di violenza verbale e intolleranza
che si vive da diversi mesi, in particolare dal novembre scorso, quando le elezioni
amministrative vinte dal partito al governo (“Frente Sandinista”) sono state dichiarate,
da più parti, fuori e dentro il Paese, “poco trasparenti e viziate da frodi”. Dopo
che giorni fa alcuni vescovi hanno condannato duramente le aggressioni contro alcune
persone di una Ong locale, che nelle vicinanze della cattedrale di Managua, manifestavano
a favore delle loro iniziative, gli attacchi sulla stampa contro la Chiesa e contro
i suoi pastori sono aumentati notevolmente. Da parte sua mons. Juan Abelardo Mata
Guevara, ha definito questa situazione come “molto pericolosa” per l’intero Paese
che ha “tanto bisogno di vivere e lavorare in armonia” e perciò, ha spiegato, sarà
opportuno trasmettere alla Santa Sede tramite la persona del nunzio apostolico tutte
le informazioni su quanto sta accadendo. Intanto, l’altro ieri Omar Cabezas, procuratore
generale per i diritti umani, ha attaccato il vescovo di Granada, mons. Bernardo Hombach,
accusandolo di essere “agente della Cia e di lavorare per destabilizzare il governo”.
Il presule, che non ha voluto prendere parte alla polemica, si è limitato a dire che
si tratta di “parole insensate”. Parte della stampa locale sottolinea il termine “insensato”
proprio perché sono in molti, e sicuramente la stragrande maggioranza del Paese, a
ritenere dissennati i comportamenti di alti funzionari di governi e di alcuni giornalisti
che, gratuitamente e senza nessun motivo, sembrano voler aumentare la polemica, l’odio
e lo scontro quasi a voler evitare di parlare dei gravi problemi del Paese. Su questi
problemi, e soprattutto sul necessario ampio consenso sociale per affrontarli, l’Episcopato
ha chiesto diverse volte al presidente Daniel Ortega l’apertura di un “dialogo nazionale”,
nel quale coinvolgere tutti i settori del Paese, per “trovare insieme, nel dialogo
e nell’intesa il miglior modo per risolverli”. Dalle autorità non è mai arrivata una
risposta negativa, anzi, alcuni collaboratori del capo di Stato si sono dichiarati
d’accordo con la proposta e alcuni parlamentari sandinisti, mesi fa, hanno parlato
di “incontro imminente”. Mons. Brenes, tempo fa, illustrando una dichiarazione dell’Episcopato
ha rilevato: “Ci preoccupano le ferite che cominciavano a guarire, che stavano cicatrizzando
e che oggi si sono aperte nuovamente. Ora tocca ai dirigenti politici trovare una
soluzione alla situazione. I politici hanno nelle loro mani la soluzione. A noi, come
Chiesa, ci resta solo un unico cammino: pregare perché non si riaprano le nostre ferite
e quelle che ci sono ancora si possano chiudere". (A cura di Luis Badilla)