2009-08-15 15:06:19

Kivu: il dramma dei civili, dimenticati dal mondo


Non accenna spegnersi il conflitto tra le Forze Armate Congolesi e i gruppi di ribelli del Kivu, nella regione orientale della Repubblica Democratica del Congo. A farne le spese soprattutto la popolazione civile costretta a rifugiarsi nelle foreste per sfuggire a violenze di ogni tipo. A denunciare la drammatica situazione, Medici Senza Frontiere (Msf) che, nei primi sei mesi del 2009, ha dovuto effettuare almeno 290.000 consultazioni mediche e 700 interventi chirurgici. Marco Bruno ha sentito Andrea Pontiroli portavoce di Msf.RealAudioMP3

R. – Assistiamo a continui sfollamenti, a villaggi bruciati, a violenze di ogni tipo nei confronti della popolazione civile, inclusi atti di violenza sessuale. Per darvi una cifra, solo nella prima metà del 2009, le nostre équipe hanno assistito 2.800 persone vittime di violenza sessuale.

 
D. – La situazione di violenza non è però l’unico problema che riscontrate …

 
R. – Oltre alla violenza, persone, famiglie, villaggi continuano a fuggire e sono in fuga comunque da anni, quindi sono già in una situazione di estrema precarietà e ogni volta che gli scontri si avvicinano ad un villaggio, ad un campo sfollati fuggono tutti per paura di ritorsioni, per paura di essere accusati di sostenere una parte o l’altra. E quando fuggono, spesso passano lunghi periodi nelle foreste dove ovviamente hanno scarsissimo accesso al cibo, il che ha poi tutta una serie di conseguenze sanitarie. Quando poi vanno nei campi, ovviamente poi c'è il rischio di epidemie e di colera. Il tutto, purtroppo, nella quasi totale indifferenza da parte della comunità internazionale. C’è una certa attenzione, c’è una certa presenza di organizzazioni non governative nella capitale del Kivu, Goma, ma appena ci allontaniamo all’interno, Msf si trova spesso ad essere l’unica organizzazione internazionale presente in maniera permanente e che offre cure mediche e cure chirurgiche e assistenza alle vittime delle violenze sessuali, e assistenza sanitaria in genere.

 
D. – Di cosa c’è bisogno? Cosa si può fare per queste popolazioni?

 
R. – Sicuramente, sarebbe opportuno che altre organizzazioni non governative, organizzazioni internazionali di soccorso umanitario, pervenissero anch’esse all’interno del Paese in quanto siamo di fronte a popolazioni di per sé già debilitate e in più vittima di violenza e di guerra. Poi ci sarebbe bisogno in generale di una maggiore attenzione e questo sicuramente anche da un punto di vista politico, quindi a livello di Unione Europea, a livello di governi e anche della regione, sarebbe opportuno e necessario che si accelerassero i colloqui di pace, il processo di pace, in modo da interrompere questo ciclo di violenze che, è bene ricordarlo, va avanti ormai da tantissimi anni: ogni volta, la popolazione si trova più indebolita a subire violenze sempre peggiori.







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