Gaza: 22 morti in scontri tra Hamas e integralisti filo-al Qaeda
È finita con l'assalto a una moschea da parte delle milizie di Hamas, con un bilancio
di almeno 22 morti, oltre 120 feriti, tra cui Abdel-Latif Mussa, leader del gruppo
salafita islamico ispirato da al Qaeda, la sanguinosa battaglia urbana fra radicali
e ultraradicali islamici scatenatasi ieri sera a Rafah, a sud della Striscia di Gaza.
Il servizio di Virginia Volpe:
A
innescare lo scontro, sfociato in massacro, è stato l'incendiario sermone pronunciato
in occasione della preghiera del venerdì da Abdel-Latif Mussa, medico e leader riconosciuto
di un gruppo emergente fedele agli slogan del jihad internazionalista che accusa Hamas
di mollezza nell'applicazione della legge coranica. Al grido di “noi apparteniamo
ad al Qaeda, Osama Bin Laden è la nostra guida”, Mussa si è lanciato in una filippica
contro Hamas, salito al potere a Gaza nel 2007 dopo aver battuto e confinato alla
sola Cisgiordania i rivali laico-nazionalisti di Fatah. Asserragliato con i suoi nella
moschea-roccaforte di Rafah, Mussa ha rinfacciato a Hamas di cercare contatti “con
i leader occidentali invece di attuare la Sharia”, ma anche di aver “confiscato ai
“Guerrieri di Dio” un carico di armi. Dopo pochi minuti, la polizia di Hamas è piombata
sul posto ed è cominciato l'inferno. Dapprima una sparatoria breve. Quindi l'intervento
di rinforzi su entrambi i fronti, e infine lo scontro aperto, con armi automatiche,
razzi ed esplosivi. Finchè le forze di Hamas non sono riuscite a espugnare il covo
dei rivoltosi. Intervenendo in un'altra moschea, il premier dell'autoproclamato governo
di Hamas a Gaza, Isamil Hanyeh, si era premurato di assicurare che nella Striscia
non ci sono “'mujaheddin” afghani, iracheni o di qualunque altro Paese venuti a spargere
il verbo di al Qaeda. E aveva bollato le voci circolate al riguardo come frutto della
“propaganda sionista”.
Iran Continuano le
accuse contro i vertici del regime iraniano, questa volta allo stesso ayatollah Khamenei.
Un gruppo di ex deputati iraniani ha scritto al capo dell'Assemblea degli Esperti,
l'unica istituzione che può rimuovere la guida suprema, chiedendogli di indagare se
l'ayatollah abbia le qualità per ricoprire il suo ruolo. Gli ex parlamentari accusano
Khamenei di aver appoggiato la rielezione "truccata" di Ahmadinejad.
Afghanistan A
cinque giorni dalle elezioni presidenziali, in Afghanistan non si ferma l’escalation
di attacchi dei ribelli integralisti. Stamani un attentato suicida ha scosso il cuore
di Kabul. I talebani hanno rivendicato l'azione affermando che l'obiettivo del kamikaze
doveva essere la sede della vicina ambasciata statunitense. Ci riferisce Marco
Guerra:
Alle ore
8,30 locali, un attentatore suicida al volante di un auto imbottita con 500 kili di
dinamite si è fatto esplodere davanti all'ingresso del quartier generale delle
forze militari internazionali, causando almeno sette morti e 91 feriti. Il kamikaze
è riuscito a superare 3 ceckpoint prima di farsi saltare in aria nella zona più protetta
di Kabul, sede delle ambasciate di Gran Bretagna, Italia e Stati Uniti, nonché della
residenza del presidente della Repubblica. E proprio la sede diplomatica americana
doveva essere l’obiettivo principale dell’azione come hanno poi ammesso i talebani
nella rivendicazione. I ribelli sono comunque riusciti a lanciare il messaggio che
possono attaccare dovunque e in qualsiasi momento. E questo sembra smentire le voci
sempre più insistenti di un accordo tra il presidente Karzai e i talebani per una
tregua in vista dell’apertura delle urne il 20 agosto. L’atto è stato condannato con
forza da Karzai che in questi ultimi giorni di campagna elettorale sta cercano di
accaparrasi l’appoggio anche degli ambienti più radicali per superare il 50% delle
preferenze. Soglia che gli consentirebbe l’elezione al primo turno. E in questo senso
va l’approvazione del testo sul diritto di famiglia che autorizza le usanze tribali
sciite, costato al presidente uscente l’accusa di aver venduto i diritti delle donne
in cambio di voti.
Pakistan Cinque soldati
pakistani hanno perso la vita in un attacco suicida con un’autobomba che ha colpito
un posto di blocco nella valle dello Swat. Nella zona è in atto da mesi un'offensiva
contro i talebani, che ha provocato l'esodo di quasi due milioni di civili.
Myanmar Aung
San Suu Kyi avrà un incontro con il senatore democratico americano Jim Webb, inviato
in Birmania dal presidente Barack Obama. Il senatore nella mattinata è stato ricevuto
dal generale Than Shwe, numero uno della giunta militare. Intanto le autorità giudiziarie
hanno deciso che John Yettaw l’attivista che si introdusse nell'abitazione Aung San
Suu Kyi, sarà espulso dal Paese senza scontare la condanna a 7 anni di lavori forzati
che gli era stata inflitta per il gesto.
Missione Clinton in Africa Si
è concluso ieri il lungo tour diplomatico che ha portato il segretario di Stato Usa,
Hillary Clinton, in sette Paesi del continente africano. Ultime tappe, Nigeria, Liberia
e Capo Verde, dove il capo della diplomazia Usa ha esortato a compiere delle profonde
riforme istituzionali in senso democratico. Ma come si concilia questa esigenza ribadita
in tutti i Paesi africani visitati da Hillary Clinton con la promessa di aiutare e
sostenere finanziariamente il processo di sviluppo africano? Stefano Leszczynski
lo ha chiesto ad Anna Bono, docente di Storia e istituzioni dell’Africa presso
l’Università di Torino:
R. – La realtà
è che da anni che, non solo gli Stati Uniti, ma anche altri Paesi donatori e gli organismi
internazionali, cercano di subordinare l’erogazione di aiuti a impegni concreti, nel
senso del buon governo, della lotta alla corruzione, della promozione dei diritti
umani. La novità di questi ultimi mesi è l’intensità e la chiarezza con cui queste
richieste vengono formulate.
D. – Sembra esserci
anche un forte interesse strategico in questo viaggio africano. Oltre agli aiuti per
lo sviluppo, si promette anche un sostegno politico, che potrebbe in alcuni casi sfociare
addirittura in un sostegno militare…
R. – Abbiamo
sì situazioni particolarmente drammatiche, come quella della Somalia o del Congo,
ma non bisogna dimenticare che quasi tutti i Paesi africani devono fare i conti con
dei movimenti antigovernativi armati, che creano dei problemi non indifferenti. L’altro
aspetto, e prendo il caso della Somalia ad esempio, è che ci sono situazioni in molti
Paesi africani, da un capo all’altro dei due oceani, dove la posta in gioco non è
soltanto il futuro di quel Paese e di chi ci abita, ma anche la guerra scatenata dal
terrorismo internazionale che, nel vuoto di potere o nel disordine determinato da
situazioni conflittuali, rendono difficile controllare vaste porzioni di territorio,
si impadroniscono di queste regioni e ricreano cellule, basi militari e strategiche,
e quindi si armano e si organizzano per una guerra rivolta verso il mondo occidentale.
D.
– L’obiettivo di far uscire l’Africa da questo circolo vizioso quanto può essere ostacolato
dalla corsa all’accaparramento delle risorse naturali da parte di Cina e Stati Uniti?
R.
– Cina e Stati Uniti, e non dimentichiamo anche altri protagonisti importanti - a
parte l’Europa – con una presenza sempre più importante da parte dell’India. Questa
contesa per le risorse di sicuro non giova e comunque non mira agli obiettivi di cui
dicevamo prima, e non giova soprattutto il fatto che il maggiore concorrente sulla
scena – la Cina – palesemente dichiara di non avere nessuna intenzione di occuparsi
degli affari interni di questi Paesi, tanto meno di preoccuparsi della tutela dei
diritti umani, della democrazia in questi Paesi. Quello cui mira è a stipulare contratti
vantaggiosi per la propria economia.
Turchia È
di un morto è un ferito il bilancio dell’esplosione avvenuta ieri sera a Istanbul,
nel quartiere popolare di Gaziosmanpasa. Secondo il capo della polizia locale, citato
dalla tv turca, si tratterebbe di un atto terroristico. Al momento non vi sono però
state rivendicazioni. La metropoli sul Bosforo in passato è stata teatro di diversi
attentati messi a segno dai separatisti curdi che chiedono l'indipendenza per le regioni
del sud-est.
Yemen Sedici ribelli sciiti e cinque soldati sono morti
negli scontri che infuriano nella provincia di Amran, nel nord dello Yemen, dove giovedì
i seguaci del leader Abdul-Malik al-Houti hanno rapito 15 operatori umanitari della
Mezzaluna Rossa. Negli ultimi quattro giorni oltre 17 mila civili sono stati costretti
ad abbandonare le proprie case per gli attacchi dei ribelli. Giovedì il governo aveva
annunciato le condizioni per un cessate il fuoco nel nord del Paese a maggioranza
sunnita: la richiesta comprendeva il ritiro dei ribelli, la restituzione delle attrezzature
militari e il rilascio dei prigionieri. Tuttavia, i guerriglieri hanno respinto l'offerta
di tregua.
Colombia Il governo della Colombia ha raggiunto un accordo
con gli Stati Uniti in base al quale Washington utilizzerà sette basi militari colombiane.
Lo ha annunciato con un comunicato il ministero degli Affari esteri della Colombia.
Questo accordo, che ha suscitato sentimenti contrastanti in diversi Paesi dell'America
Latina, permetterà ai militari americani di utilizzare sette basi colombiane per operazioni
di sorveglianza aerea antidroga e antiterrorismo nell'oceano Pacifico. “Il testo dell'accordo
concluso deve essere esaminato dalle istituzioni governative dei due Paesi prima della
firma” ha aggiunto il comunicato.
Messico Almeno 19 persone sono
rimaste uccise e 26 ferite in Messico durante una rivolta nel carcere di Gomez Palacio,
nello stato settentrionale di Durango. Lo riferiscono i media messicani spiegando
che alcuni detenuti hanno fatto uso di armi da fuoco.
Cargo scomparsoL'ambasciatore
russo a Capo Verde ha smentito che la nave avvistata ieri in acque internazionali
al largo dell'arcipelago africano ieri sia il cargo russo battente bandiera maltese
Artic Sea, scomparso misteriosamente nell'Atlantico lo scorso 28 luglio. Lo rende
noto l'agenzia Ria Novosti. La notizia dell'avvistamento era stata inizialmente riportata
dall'agenzia di stampa portoghese Lusa, citando il direttore generale del Ministero
della Difesa di Capo Verde, Pedro Reis. (Panoramica internazionale a cura di Marco
Guerra e Virginia Volpe)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 227
E'
possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del
Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del
sito www.radiovaticana.org/italiano.