La Chiesa ricorda San Massimiliano Kolbe, una luce nel lager di Auschwitz
Figlio della Polonia e di San Francesco d’Assisi, grande apostolo della Vergine, martire
sotto il nazismo. Così all’Angelus di domenica scorsa Benedetto XVI ha ricordato San
Massimiliano Maria Kolbe, di cui oggi ricorre la memoria liturgica. Promotore del
culto mariano fino in Giappone e in India, san Massimiliano fu apostolo appassionato
e fondò la rivista “Il Cavaliere dell’Immacolata” che raggiunse in pochi anni una
tiratura di milioni di copie. Ma il Santo è ricordato soprattutto per gli ultimi istanti
della sua esistenza quando, prigioniero ad Auschwitz, offrì la vita in cambio di quella
di un padre di famiglia, suo compagno di prigionia. Morì pronunciando l’“Ave Maria”.
Per un ricordo del martire del nazismo, Paolo Ondarza ha intervistato padre
Gianfranco Grieco, autore del libro “San Massimiliano Kolbe, una luce nel lager
di Auschwitz”.
R. – Massimiliano
non è stato un grande soltanto per l’eroicità della sua fine, cioè quella di donare
la sua vita per un papà di famiglia nel campo di concentramento di Auschwitz, il 14
agosto del 1941. E' stato grande perché fin da giovane ha preso seriamente a cuore
il suo modello di vita. Il suo modello di vita sacerdotale era Gesù Cristo. Il suo
modello di vita di santità era la Madonna. Il suo modello di povertà vissuta fino
all’eroismo, una povertà seria, non soltanto una povertà di facciata. D.
– Lei lo ha definito una luce nel lager di Auschwitz, una persona che in una situazione
umanamente insopportabile – ricordiamo che era addetto ai lavori più umilianti, come
il trasporto dei cadaveri al crematorio – seppe comunque testimoniare Cristo, forte
anche dell’aiuto della Vergine ... R. – Il Servo di Maria, il
milite di Maria, il cavaliere di Maria ... tutta la sua vita sua era stata un dono.
Lui aveva riferito alla mamma questo episodio: gli apparve la Madonna da piccolo e
gli disse: tu cosa vuoi, la corona della purezza o la corona del martirio? Disse di
volere tutte e due! D. – San Massimiliano Maria Kolbe fu anche
un precursore dei nostri tempi: mi riferisco a quanto attiene alla sfera del dialogo
interreligioso, che si confrontò con ebrei, musulmani, buddisti alla ricerca di un
fondo di verità esistente nelle varie religioni ... R. – L’esperienza
di Massimiliano Kolbe, soprattutto in Giappone, a contatto con i buddisti, gli shintoisti,
prefigura tutta la storia della nostra Chiesa del Concilio e del dopo-Concilio. Padre
Massimiliano faceva collaborare alla rivista mariana in Giappone persone delle altre
fedi: questo era un grande segno per la storia di quel tempo perché era fermamente
convinto che un dialogo serio, sincero, spassionato porta a Cristo e porta all’unità
in Cristo Gesù. D. – Questo lato della sua personalità insieme
anche all’importanza di questo Santo per l’Anno Sacerdotale che stiamo vivendo. Se
dovessimo esprimere la validità del messaggio di San Massimiliano Kolbe, cosa si potrebbe
dire? R. – Essere apostoli, non stare a guardare ma scendere
per le strade, annunciare il Vangelo, usare la buona stampa, far sì che tutti i media,
soprattutto oggi, portino un messaggio di salvezza e portino a Cristo. San Massimiliano
sapeva benissimo che essere sacerdote francescano conventuale non voleva significare
chiudersi in un’oasi conventuale! Lui ha avuto questa ansia, questa passione missionaria.
E' stato un grande apostolo senza frontiere ...