2009-08-12 15:42:16

Condanna di Aung San Suu Kyi. La Cina difende la giunta del Myanmar


Durissime reazioni internazionali nei confronti della giunta militare birmana per l’ennesima condanna inflitta alla premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kyi. L’indignazione internazionale per la nuova condanna è diffusa: il presidente degli Stati Uniti Barack Obama si unisce alle richieste dell'Unione Europea e dell'Onu per la liberazione "immediata" e "senza condizioni" della leader dell'opposizione e degli altri detenuti politici. La Cina difende, invece, la giunta birmana chiedendo di rispettare la sovranità del Myanmar. Stefano Leszczynski ha intervistato Carlo Corazza, direttore dell’Ufficio dell’Unione europea per le relazioni internazionali:RealAudioMP3

R. – L’Unione Europea è fondata sulla ricostruzione dei diritti fondamentali, quindi è abbastanza normale che di fronte a palesi violazioni di vari principi, tra cui la tutela di un leader, quindi di un problema di democrazia, reagisca in modo duro e fermo. Il problema poi sono le conseguenze da un punto di vista commerciale nei confronti della Birmania, dove invece qualche crepa c’è.

 
D. – Conseguenze commerciali, che, diciamo, rappresentano un’arma in più nelle mani dell’Unione Europea, per contrastare le violazioni dei diritti umani a livello internazionale…

 
R. – Beh, la nostra arma principale – stiamo parlando ovviamente di “soft” policy – è il commercio. Noi siamo la prima potenza commerciale al mondo. Il nostro mercato è il più grande per fatturato, per export e per import. Quindi, da questo punto di vista siamo abbastanza temuti, quando facciamo sul serio.

 
D. – Colpire gli interessi della Birmania. Ma quali sono questi interessi specifici per quanto riguarda l’Europa?

 
R. – Diciamo che ci sono alcune grosse società, soprattutto nel settore degli idrocarburi, materie prime, che rappresentano grossi investitori in Birmania. Alcune sanzioni, come si sa, sono già state prese. Il regime di embargo nei confronti della Birmania è abbastanza duro, però penso che si possa fare ancora di più, se si vuole fare sul serio.

 
D. – C’è una possibilità di dialogo o non c’è nessuna apertura da parte del regime birmano…

 
R. – Non è facile, c’è una grossa ambiguità dal punto di vista del regime birmano. Anche il poco dialogo che c’è stato, poi, non ha avuto un seguito soddisfacente dal punto di vista europeo. Bisogna anche tener conto che la Birmania è meno isolata di quanto sembri, nel senso che trova delle sponde in alcuni suoi vicini, che le conservano più margini di manovra di quanto non ne avrebbe, se non avesse queste sponde. Questo in qualche modo riduce anche la forza dell’Unione Europea.

 
D. – Che deve comunque confrontarsi anche con Paesi alleati della Birmania…

 
R. – Sì, alleati, almeno nei fatti e negli interessi concreti. Insomma, non è un mistero che la Cina non sia tra i più vigorosi a fare pressione sulla Birmania su certi aspetti appunto legati al rispetto dei diritti fondamentali.

 
Indonesia
La polizia indonesiana ha reso noto oggi che l'uomo ucciso lo scorso 8 agosto nel corso di raid a Giava non è il super ricercato capo-terrorista malaysiano Noordin Top. Il test del Dna ha dimostrato che i resti sono di Ibrohim, un fiorista dell'hotel Marriott di Giacarta complice dell’attacco kamikaze contro l'albergo del 17 luglio scorso, che costò la vita a nove persone. Noordin Top, 41 anni, secondo l'antiterrorismo indonesiano, sarebbe attualmente a capo di una cellula dissidente della Jemaah Islamiya e in passato avrebbe firmato la strage di Bali del 2002 e quella all'hotel Marriott di Giakarta del 2003.

Caucaso
Non c’è pace per le instabili repubbliche del Caucaso russo. Il ministro dell'Edilizia dell'Inguscezia è stato ucciso stamani a colpi di arma da fuoco nel suo ufficio nella città di Maghas. L’omicidio arriva a meno di 24 ore dal ritrovamento, in Cecenia, dei corpi senza vita di Zarema Sadulaieva, responsabile della ong 'Salviamo la generazione', e di suo marito. Il servizio di Marco Guerra:RealAudioMP3

Torna altissima la tensione nelle Repubbliche caucasiche della federazione russa. Nelle ultime 48 ore una catena di omicidi ha scosso l’Inguscezia, il Daghestan e la Cecenia. A meno di un mese dal rapimento e dall'uccisione della giornalista russa Natalia Estemìrova sono stati ritrovati ieri alla periferia di Grozny, in Cecenia, i corpi di una coppia di attivisti responsabili della ong “Salviamo la generazione”, che si occupa del recupero dei giovani coinvolti nella guerriglia filo islamica. Nelle stesse ore, in Daghestan, veniva assassinato un altro reporter. E ancora, in serata, due agenti della polizia cecena venivano uccisi in due distinti agguati. Il presidente russo Medvedev ha chiesto di far luce al più presto sull'accaduto, mentre Amnesty International ha invocato la fine di quella che ha definito la "caccia ai militanti per i diritti umani''. In Inguscezia invece sono le autorità politiche ad essere al centro degli attacchi attribuiti ai ribelli islamici. L’omicidio di stamani del ministro dell’Edilizia arriva dopo quello della vicepresidente della Corte suprema, colpita il 10 giugno scorso. Il 22 dello stesso mese il presidente Evkurov era rimasto gravemente ferito in un attentato kamikaze durante il passaggio del suo corteo. Il capo di Stato ha lasciato l'ospedale l'altro ieri con l'intenzione di riprendere quanto prima la lotta al terrorismo con l’aiuto di Mosca.

 
Afghanistan
In Afghanistan è scattata stamani una nuova offensiva delle forze statunitensi nella provincia di Helmand. L'operazione “Eastern Resolve” vede impegnati 400 marine per rendere più sicure le zone controllate dai talebani, prima delle elezioni. Intanto non si fermano gli attacchi dei ribelli integralisti: il capo della polizia della provincia settentrionale di Kunduz e tre agenti sono stati uccisi in un agguato dei ribelli.

Iraq
Almeno otto persone sono state uccise e trenta sono rimaste ferite a Baghdad in seguito all'esplosione di due autobomba ieri sera in un quartiere a maggioranza sciita nella zona orientale della città.

Iran
Il regime iraniano è ancora sotto pressione per le ripercussioni internazionali della grave crisi politica interna. Tre infatti i detenuti statunitensi nelle prigioni di Teheran e una francese, la ricercatrice universitaria Clotilde Reiss. Intanto, non si placa lo sdegno per le presunte torture e le violenze commesse contro i membri dell’opposizione iraniana, arrestati dopo i moti di giugno. Oggi il candidato conservatore alle elezioni di giugno, Mohsen Rezaie, ha chiesto che siano celebrati processi ai responsabili nel caso siano confermate le accuse di abusi. Tuttavia poche ore prima il presidente del parlamento Ali Larijani ha definito le accuse “una menzogna”, precisando che a seguito di un’inchiesta “non è emerso alcun caso di violenza sessuale".

Congresso del Fatah
Dopo una settimana di rinvii e discussioni interne, si è concluso a Betlemme il vertice per l’elezione della nuova dirigenza di al Fatah. Accanto al presidente Abu Mazen, tra i vertici del partito palestinese che fu di Yasser Arafat, figurano Mohammed Dahlan, già capo del servizio di sicurezza preventiva a Gaza e netto oppositore di Hamas, Jibril Rajub, con alle spalle 17 anni di carcere in Israele, Saeb Erekat, diplomatico e negoziatore, e Marwan Barghuti, che ha vissuto la prima e la seconda intifada e che sconta nelle carceri israeliane una condanna a 5 ergastoli per complicità in attentati costati la vita a cittadini dello Stato ebraico. Sulla nuova dirigenza di al Fatah, Giada Aquilino ha intervistato Eric Salerno, inviato in Medio Oriente del quotidiano Il Messaggero:RealAudioMP3

R. – E’ molto importante il fatto che sia stato confermato Mahmud Abbas come leader del movimento, però la cosa che si è notata è che sono arrivati ai vertici molti giovani e sono quella generazione che ha fatto la prima intifada e anche la seconda intifada, gente cresciuta all’interno della Palestina.

 
D. - Parliamo di Marwan Barghuti. Israele, che lo detiene per una condanna a più ergastoli, appare spaccato sul suo futuro?

 
R. - Non è improbabile - almeno questo è quello che pensiamo tutti - che quando più in là Israele e i palestinesi arriveranno a un punto del negoziato di pace Barghuti potrebbe venire rilasciato. Barghuti è entrato nelle maglie della lotta armata, di quello che sta diventando il terrorismo, anche se non gli è stato attribuito direttamente alcun reato, nel senso che dicono che ha dato disposizioni per uccidere delle persone per delle azioni terroristiche. Barghuti parla bene l’ebraico, vorrebbe una soluzione, ovviamente la soluzione che vorrebbe lui non è sempre la stessa soluzione che vorrebbe Israele, che in questo momento ha un governo che continua a costruire insediamenti e a chiudere su molti dei punti cardini di un’eventuale trattativa di pace.

 
D. - Quale sarà la posizione di Israele nei confronti di questa nuova dirigenza di al Fatah?

 
R. - Per adesso continuano a dire che non cambia niente, che devono rinunciare a una serie di pretese. Io credo che bisognerà aspettare ancora i prossimi mesi e forse bisognerà aspettare il piano che gli americani dicono di voler formulare forse a settembre, forse a ottobre, su un futuro assetto del Medio Oriente.

 
Somalia
In Somalia sono stati rilasciati i 4 volontari europei sequestrati 9 mesi fa da una ventina di uomini armati. Tuttavia sul terreno non si ferma la violenza: sei pakistani sono stati uccisi nei pressi di una moschea da uomini armati non identificati nella regione semiautonoma del Puntland. Le vittime – riferiscono gli abitanti del posto – erano predicatori islamici.

Honduras
Migliaia di manifestanti, provenienti da diverse regioni dell’Honduras, si sono ritrovati ieri a Tegucigalpa alla fine di una marcia di 105 chilometri, durata sette giorni, per chiedere il reintegro del presidente Manuel Zelaya, deposto 45 giorni fa da un colpo di Stato militare. La polizia ha effettuato decine di arresti e il governo de facto guidato da Roberto Micheletti ha ripristinato il coprifuoco notturno. Il segretario generale dell'Organizzazione degli Stati americani (Osa) José Miguel Insulza ha confermato, intanto, che la prossima settimana accompagnerà sei ministri degli Esteri dei Paesi latinoamericani in una missione in Honduras per promuovere l’accordo elaborato dal presidente del Costa Rica, Oscar Arias. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
 
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 224

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