Colombia. I vescovi: il Paese non si lasci ricattare da Chavez e Correa
Mons. Juan Vicente Córdoba Villota, vescovo ausiliare di Bucaramanga, in Colombia,
ha espresso ieri, al Canale Tv “Caracol”, l’auspicio dell’episcopato affinché il governo
del Paese e tutti i colombiani continuino ad agire attivamente nel contesto internazionale
nonostante le molte tensioni con i Paesi confinanti. Per il presule, gli attacchi
che spesso provengono dal Venezuela e dall’Ecuador, lungi d’isolare la nazione colombiana
dovrebbero rinforzare il suo ruolo internazionale senza farsi trascinare dai “ricatti”
economici e diplomatici. In questo senso mons. Córdoba Villota ha detto di ritenere
non conveniente un’eventuale assenza della Colombia nel prossimo incontro dei ministri
degli Affari Esteri e della Difesa dell’Unasur (Unione dei Paesi dell’America del
Sud) poiché ciò “sarebbe una mancanza nei confronti di Paesi che non hanno nessuna
colpa” nelle costanti polemiche indirizzate verso Bogotà. Anzi, ha aggiunto il presule
rivolgendosi direttamente al Presidente colombiano Alvaro Uribe, “è necessario partecipare
per esprimere, con dignità, altezza e chiarezza, un comportamento autonomo e libero.
Non partecipare ci farebbe perdere terreno lasciando la vittoria mediatica nelle mani
dei Presidente Rafael Correa dell’Ecuador e Hugo Chávez del Venezuela”. Il Segretariato
dell’Episcopato si riferiva, tra l’altro, all’annunciata sospensione venezuelana delle
esportazioni di petrolio verso la Colombia nonché alle accuse ecuadoriane che individuano
nel governo colombiano propositi espansionisti. A giudizio del presule alcuni governanti
della regione usano “dei ricatti piuttosto infantili” quando pensano di porre al Paese
delle condizioni per vendere combustibile, avere rapporti commerciali o accreditare
ambasciatori. “Penso, ha osservato mons. Juan Vicente Córdoba Villota, che si è scatenato
un gioco da bambini facendo ricorso al ricatto e alle minacce”. Certo, ha poi spiegato,
qui non si tratta di “un bimbo che minaccia di rompere il giocattolo se la mamma non
gli dà una caramella”, poiché “non si può giocare con i popoli (…) né tantomeno porre
i rapporti diplomatici ed economici fra questi Paesi al livello di uno scontro duro
tra adolescenti o ragazzi”. Ogni governo è autonomo – ha detto mons. Córdoba Villota
- e quello colombiano è ugualmente autonomo quanto quello del Venezuela e nessuno
si sognerebbe mai di dire a Caracas che deve rompere i suoi rapporti con Cuba o che
deve espellere i maestri cubani che lavorano in Venezuela nei programmi educativi
e di formazione professionale. Poi il presule ha voluto ricordare che si può criticare
o essere in disaccordo con il governo di un altro Paese, ma ciò deve essere espresso
“con rispetto, trasparenza, senza ricatti né minacce, senza comportamenti infantili”.
Infine, il Segretariato dell’Episcopato ha espresso la preoccupazione della Chiesa
di fronte agli annuncio del Presidente Uribe su una possibile presenza militare statunitense
in Colombia dopo che il governo dell’Ecuador ha deciso di chiudere la base Usa di
Manta. A giudizio del presule in questa materia il Presidente Uribe deve evitare le
battute e dunque prendere decisioni concertate, magari con esponenti delle due Camere
del Parlamento. Su quest’ipotetica presenza, mons. Córdoba Villota, ha concluso dicendo:
“Le condizioni attuali del Paese sono differenti rispetto ad alcuni anni fa. Spero
che, se così sarà, si tratti di un sostegno logistico e tecnologico per fare fronte
alle sfide del narcotraffico, della guerriglia e dei paramilitari”. (A cura di
Luis Badilla)