2009-08-10 15:48:17

Iran: ammesse le torture sui dissidenti in carcere


Si inasprisce ulteriormente la crisi politica iraniana dopo l’ammissione, da parte delle autorità di Teheran, delle torture subìte da alcuni oppositori incarcerati dopo le elezioni del 12 giugno. Tra le vittime figura anche il figlio di uno stretto collaboratore dell'ex candidato conservatore alle presidenziali, Mohsen Rezaie. I leader dell’opposizione Mussavi e Karrubi denunciano inoltre con forza le violazioni dei diritti umani commesse contro i loro sostenitori, mentre la società iraniana è scossa per l’andamento dei processi contro gli oppositori al regime arrestati negli ultimi mesi. Tuttavia il capo dell’ufficio politico dei Pasdaran, Yadwollah Javani, ha chiesto che vengano messe sotto processo tre delle principali figure dell’opposizione: l’ex presidente Mohammad Khatami e i due candidati riformisti sconfitti alle elezioni. Stefano Leszczynski ha chiesto ad Antonio Papisca, titolare della cattedra Unesco per i diritti umani, la democrazia e la pace dell'Università di Padova, quale sia la situazione dei diritti umani in Iran:RealAudioMP3

R. – I diritti umani hanno in Iran un interstizio che diventa sempre più largo. Da un lato abbiamo semplici difensori dei diritti umani. A capo di questi oggi abbiamo senz’altro l’avvocatessa Shirin Ebadi che ha fondato proprio un centro dei difensori dei diritti umani che però è stato chiuso nel dicembre dell’anno scorso. Allo stesso tempo abbiamo in Iran altri che ora, per così dire, scoprono i diritti umani; fanno parte dell’opposizione e trovano utile riferirsi ai diritti umani. Insomma, da un lato c’è l’invocazione, la rivendicazione che consideriamo senz’altro genuina e dall’altro c’è una rivendicazione che possiamo chiamare “di opportunità”. Però, quando si tocca il tema diritti umani tutto diventa molto impegnativo, in particolare per le autorità di governo dell’Iran.  
D. - Come possiamo leggere in quest’ottica l’ammissione delle autorità iraniane di aver avuto casi di tortura nelle prigioni contro gli oppositori politici e di voler punire i responsabili di queste torture, in particolare il direttore della prigione?
 
D. - E’ un gesto che presenta aspetti positivi, nel senso cioè che l’Iran, il governo in questo caso, intende rispettare quelli che sono dei principi molto forti di diritto internazionale. Ricordiamo che la pratica della tortura è uno di quei divieti fortissimi che si dice di “ius cogens”, cioè di un diritto consuetudinario che va al di là anche delle convenzioni scritte. Quindi è da prendersi alla lettera e su questo continuare la pressione internazionale.
 
D. – Abbiamo altri casi nel passato di Paesi o di sistemi politici in cui i diritti umani anche se utilizzati in maniera strumentale, per quanto possibile poi hanno fatto breccia, hanno contribuito al cambiamento …
 
R. – Il primo riferimento che mi viene in mente è quello del Sudafrica. Lì era una questione di apartheid, ma apartheid significava tante cose: violazioni estese e reiterate di tantissimi diritti fondamentali. Lì la pressione internazionale e l’azione molto decisa delle nazioni hanno sortito degli effetti. Si tratta sempre di agire con le tecniche e gli strumenti che sono connaturali al paradigma dei diritti umani. Quindi è da escludere sempre l’uso della forza, della violenza anche verbale.
 
D. - Quale sarà il futuro dei diritti umani in Iran?
 
R. – Certamente c’è da ricordare anche all’Iran che proprio in questo Paese ci fu la conferenza ufficiale del trentesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani: la conferenza di Teheran, nel 1978. Poi teniamo presente che l’attenzione per i diritti umani è abbastanza antica in Iran.







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