Un anno dopo la guerra tra Russia e Georgia, continuano le violazioni dei diritti
umani: la denuncia di “Amnesty International”
Ad un anno dalla guerra tra Russia e Georgia nessuno ha pagato per le numerose violazioni
del diritto internazionale commesse durante il conflitto. Ad affermarlo “Amnesty International”
in un rapporto che fa il punto anche sul "futuro incerto" che gli sfollati del conflitto
hanno davanti a loro. Ma quali le responsabilità accertate? E soprattutto quali le
violazioni dei diritti umani commesse un anno fa? Salvatore Sabatino lo ha
chiesto a Paolo Pignocchi, coordinatore per l’Europa orientale di “Amnesty
International”:
R. – Le violazioni
che in questi frangenti si perpetuano purtroppo sulla popolazione civile sono le classiche
di un conflitto, quindi bombardamenti indiscriminati, sparizioni, esecuzioni extragiudiziali…
Naturalmente i responsabili di questo sono sia le forze georgiane, che non presero
misure adeguate per proteggere la popolazione civile, ma anche le forze russe, che
oltre che di inazione sono colpevoli sicuramente di aver partecipato, insieme alle
forze georgiane, a quello che è stato il conflitto di un anno fa. D.
– Qual è ad oggi la situazione delle oltre 192 mila persone che fuggirono da quel
conflitto? R. – Le situazioni sono diverse. Delle 192 mila persone,
30 mila georgiani hanno trovato una sistemazione diversa, per il momento, anche se
è una sistemazione che dipende assolutamente dagli aiuti umanitari ancora oggi. Riguardo
ai 38.500 ossetini, molti, salvo circa 4 mila, hanno fatto rientro nelle proprie case,
ma circa 18.500 sfollati che sono fuggiti dall’Ossezia del sud rischiano di esserlo
ancora per molto tempo. D. – C’è anche il problema delle mine
dislocate sul territorio. C’è effettivamente un problema legato alla sicurezza? R.
– C’è un problema legato alla sicurezza che dipende da molti motivi, da molti fattori.
Le armi lasciate sul territorio, anche se il conflitto è stato breve, sono sicuramente
un pericolo, un pericolo per i bambini che percorrono quei territori, per gli anziani,
per gli adulti, e, soprattutto, quello che definiamo noi adesso il pericolo più grosso
è l’insicurezza che regna nell'area. Ad un anno di sostanziale silenzio rispetto alla
questione, noi ci troviamo di fronte ancora a dei crimini non risolti: prima di tutto,
quindi, l’impunità dilagante, ma soprattutto questo confine ancora incerto, che genera
insicurezza e paura nella popolazione civile, memore di quello che è successo un anno
fa. D. – Voi avanzate anche delle richieste concrete alle autorità
locali? R. – Noi chiediamo immediatamente che si attivi un processo
di lotta contro l’impunità verso chi ha commesso queste gravi violazioni dei diritti
umani. Quindi, siccome ad oggi nessuno è stato sottoposto a processo, né da parte
georgiana né da parte russa, chiediamo che immediatamente la riconciliazione, la pace
- se come speriamo questa deve essere - passi attraverso un percorso in cui si identificano
delle responsabilità precise. Evidentemente, poi, chiediamo che, nella loro agenda,
tutti gli elementi che hanno contribuito a creare questa situazione, a generare vittime
e violazioni, mettano al primo posto il rispetto dei diritti umani e il rispetto del
diritto umanitario.