La Chiesa venezuelana difende il diritto alla libertà di espressione
La Chiesa cattolica venezuelana si unisce alla protesta espressa dalla maggior parte
dei leader politici dell'opposizione per la soppressione della frequenza di trentaquattro
emittenti radio private. La decisone è stata adottata, alcuni giorni fa, dalla Commissione
nazionale delle telecomunicazioni (Conatel). La procedura amministrativa viene motivata
con l'affermazione che le emittenti operavano in una dimensione di illegalità dovuta,
a seconda dei casi, alla morte del titolare, alla vendita della concessione, al non
rinnovo del permesso o all'aver dichiarato intempestivamente il cambio del titolare.
La Camera venezuelana dell'industria e della radiodiffusione (Cvir) ha criticato
l'intervento governativo adombrando anche un attentato alla proprietà privata con
il pretesto di soffocare la voce di coloro che dissentono dal progetto politico presidenziale.
Il cardinale Jorge Liberato Urosa Savino, arcivescovo di Caracas, ha sottolineato
che la misura governativa adottata “viola i diritti alla difesa e alla libertà di
espressione” e ha ammonito che gli effetti della chiusura delle trentaquattro emittenti
radiofoniche private si ripercuotono nella vita quotidiana di molta gente “schietta
e umile che è gravemente penalizzata per il solo fatto di lavorare in una emittente
che tiene un atteggiamento critico e non di piena sottomissione al Governo”. I vescovi
venezuelani avevano già manifestato preoccupazione per gli annunci di decreti e norme
in materia di mezzi di comunicazione sociale. “Lo Stato — sottolineavano i presuli
— deve essere garante del diritto della libertà di espressione, uno dei diritti umani
fondamentali, che permette lo sviluppo integrale dell'uomo, lo conduce alla ricerca
della verità e costituisce un mezzo per la partecipazione e la difesa della democrazia”.
Il presidente venezuelano Chavez da parte sua vuole portare il Paese nel cosiddetto
socialismo del XXI secolo. (L.Z.)