Iran: polizia contro dissidenti durante il giuramento di Ahmadinejad
Il presidente iraniano Ahmadinejad ha prestato giuramento stamani davanti al Parlamento
di Teheran per il suo secondo mandato. Nel frattempo, centinaia di manifestanti si
sono ritrovati per le strade della capitale, ma sono poi stati dispersi dalla polizia:
arrestato uno dei più stretti collaboratori del leader dell'opposizione, Moussavi.
Nel proprio discorso, Ahmadinejad ha detto che le elezioni del 12 giugno, fortemente
contestate dalle opposizioni, hanno segnato “l’inizio di importanti cambiamenti in
Iran e nel mondo”, ribadendo inoltre la “resistenza” della Repubblica islamica nei
confronti di quelli che ha definito “Paesi oppressori”. Sulle ragioni di questa nuova
presa di distanza dell’Iran rispetto all’esterno, Giada Aquilino ha intervistato
Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università
di Firenze: R.
– Perché Ahmadinejad è un radicale che trova conforto e rafforzamento dal porsi come
elemento di difesa del Paese contro chi, dall’esterno, vuole rovinare l’Iran, però
è una presidenza che inizia in modo molto debole, non solo per l’opposizione in piazza
e anche all’interno, ma soprattutto perché Ahmadinejad sarà, nel suo secondo mandato,
un presidente zoppo di un Paese profondamente spaccato.
D.
– Che Paese è, oggi, l’Iran?
R. – C’è una spaccatura
generazionale, perché i giovani non hanno votato per Ahmadinejad; c’è una spaccatura
tra conservatori e radicali, curiosamente uniti, da una parte, e i riformisti dall’altra,
e in mezzo ci sono i moderati che sono inorriditi per i metodi della repressione.
C’è una spaccatura economica perché intorno alle guardie della rivoluzione, che hanno
così ostinatamente portato avanti Ahmadinejad, c’è un impero economico che è a scapito
degli altri settori economici del Paese.
D. – In
questi giorni si è parlato di sanzioni, si è parlato di bomba atomica … insomma, l’Iran
dove va nei prossimi mesi?
R. – Dal punto di vista
della bomba atomica, è veramente ad un bivio, perché da una parte, un Paese così spaccato
non può permettersi una politica estera molto attiva, dall’altra, c’è il rischio che
la leadership di Ahmadinejad possa avventurarsi su questo terreno per essere più coesa
al proprio interno. Sicuramente, il presidente ha davanti a sé due immediati problemi:
deve innanzitutto formare un governo, e lì le divisioni interne al suo gruppo verranno
automaticamente fuori; e poi, tra pochissimi giorni riprende il processo contro i
dissidenti di altro profilo e anche questo sarà occasione per ulteriori discussioni.
E’ un Paese profondamente spaccato …