Anche i non credenti hanno bisogno dei sacerdoti: la riflessione del prof. Andreoli
“Non sono credente, ma voglio bene ai preti. Tutti devono voler loro bene. Sono figure
importanti per tutti”: è quanto afferma lo psichiatra Vittorino Andreoli, che alla
figura del sacerdote ha dedicato una lunga e approfondita indagine. Un viaggio durato
un anno, le cui tappe sono state pubblicate settimanalmente sulle pagine del quotidiano
“Avvenire”. L’indagine risulta ancora più interessante e attuale alla luce dell’Anno
Sacerdotale in corso, fortemente voluto da Benedetto XVI. Ma perché un intellettuale
non credente è così interessato alla figura del sacerdote? Padre Vito Magno
lo ha chiesto allo stesso Vittorino Andreoli:
R. – Perché
è un personaggio del tempo presente di questa società e anzi ha acquisito ora un significato
ancora più importante rispetto al passato poiché è una delle poche figure che rappresenta
una coscienza che sembra staccata dalla logica di questo mondo che è tutto legato
al successo e al denaro. Insomma, è uno specchio in cui sia i credenti che i non credenti
possono specchiarsi e quindi meditare.
D. - Tra i
non credenti appunto anche lei…
R. – Io credo che
bisogna fare una netta distinzione tra l’ateo e il non credente. L’ateo è colui che
non solo non crede in Dio, ma nega anche che esista e quindi in qualche modo ritiene
che chi ci crede sia un illuso o uno che compie degli errori di valutazione. Il non
credente si differenzia dal credente semplicemente perché gli manca l’esperienza diretta
di Dio e quindi per dirla alla Pascal “non basta voler credere per credere”, è importante
quell’incontro ma quell’incontro può accadere fra un minuto e allora la distanza fra
credenti e non credenti è di un attimo.
D. – E’ riuscito
a capire tutto del prete o c’è qualcosa di inafferrabile nella sua figura?
R.
– No, non ho affatto capito tutto. Io sono stato solo affascinato e non ho concluso
il mio interesse per il prete, ma vorrei incontrarlo, conoscerlo di più. Insomma,
è per me sempre una figura che merita grande attenzione.
D.
- Di lui cosa ha scoperto facendo l’inchiesta?
R.
– Ho scoperto cosa vuol dire vivere la fede e imitare quell’uomo straordinario, quell’uomo
Dio che è stato Cristo. Quindi ho potuto vedere l’interesse per l’uomo e non per il
denaro, l’interesse per fare il bene anche se qualche volta non lo si compie completamente
o si fanno degli errori. Insomma, mi sembra che anche come uomo il prete abbia una
visione, una logica che è affascinante.
D. - Concretamente
cosa si aspetta la società dal prete?
R. - Innanzitutto,
io credo che il prete non sia solo un testimone di Cristo rivolto ai cristiani ma
che sia una figura di particolare interesse per i non credenti e questo mi pare che
sia in logica con il messaggio del pastore che deve cercare le pecore che non sono
nel gregge. Io credo che oggi il compito del sacerdote sia completamente nuovo, proprio
perché probabilmente si accorge anche lui - come credo di accorgermi io - che c’è
un grande bisogno di sacro nei giovani, negli adulti; che c’è un senso di smarrimento,
perché non è possibile che tutto il senso dell’uomo venga quantificato in denaro,
in cose, in un successo che poi scompare nel giro di qualche giorno. Quindi, si sta
accorgendo che in questo mondo certamente più difficile, più complesso, egli ha un
ruolo che credo in parte conosca e che in parte invece deve scoprire. (Montaggio
a cura di Maria Brigini)