Dolore del Papa per i cristiani uccisi in Pakistan: appello a porre fine alle violenze.
Il nunzio punta il dito contro la legge sulla blasfemia
Profondo dolore di Benedetto XVI per “la tragica uccisione di uomini, donne e bambini
innocenti e per l’immensa distruzione” provocata dagli “attacchi insensati” dei giorni
scorsi contro la comunità cristiana pakistana della città di Gojra. In un telegramma
- a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone - indirizzato al vescovo
di Faisalabad, mons. Joseph Coutts, il Papa esprime vicinanza spirituale a quanti
hanno sofferto a causa di questa violenza sfrenata che ha provocato la morte di almeno
otto persone. Il servizio di Alessandro Gisotti:
“In
nome di Dio – si legge nel telegramma – il Papa chiede ad ognuno di rinunciare allo
strumento della violenza che causa così tante sofferenze e di intraprendere la via
della pace”. Al tempo stesso, il Pontefice chiede alla comunità cristiana del Pakistan
di non rinunciare ai propri sforzi “per aiutare a costruire una società nella quale
un profondo senso di fiducia nei valori umani e religiosi” sia caratterizzata “dal
mutuo rispetto di tutti i suoi membri”. Comunità cristiana che ha deciso di protestare
in modo pacifico chiudendo le proprie scuole da oggi per tre giorni. La cittadina
del Punjab è ora pattugliata dalla polizia pachistana, mentre sarebbero centinaia
le persone arrestate per i sanguinosi attacchi contro i cristiani perpetrati tra venerdì
e sabato scorsi. Dal canto suo, il primo ministro del Punjab, Shahbaz Sharif, ha annunciato
un risarcimento di 500 mila rupie, poco più di 4 mila euro, ai famigliari delle vittime.
Negli attacchi dei fondamentalisti sono state bruciate almeno 50 case di cristiani,
mentre migliaia di fedeli sono fuggiti per scampare al massacro innescato dalla falsa
accusa di profanazione del Corano da parte di un cristiano. Tra le vittime di questo
atto barbarico c’è anche un bambino di sette anni.
Quella
di Gojra è, purtroppo, solo l’ultima di una serie di violenze contro la minoranza
cristiana del Pakistan. D’altro canto, pur essendo perpetrati da gruppi estremisti,
questi terribili atti trovano spesso un pretesto nella legge sulla blasfemia in vigore
in Pakistan. E’ quanto sottolinea il nunzio in Pakistan, mons. Adolfo Tito Yllana,
raggiunto telefonicamente ad Islamabad da Alessandro Gisotti:
R.
– Veramente noi qui subiamo la persecuzione con questa legge che chiamano “blasphemy
law”, legge sulla blasfemia. Ma tutti sanno qui che questa legge viene utilizzata
proprio per andare contro le minoranze come i cristiani. Attuano la persecuzione accusandoli
di blasfemia. C’è un grande capo religioso che comincia a gridare: “Questi sono infedeli,
dobbiamo eliminarli, ucciderli perché loro hanno dissacrato…” E’ tutta un’invenzione,
tutte queste accuse di blasfemia che sono state lanciate contro i cristiani non hanno
fondamento, anche quest’ultima! Noi soffriamo e non è la prima volta. Non é una questione
di religione, è proprio mancanza di umanità di un gruppo che vuol soggiogare un altro
gruppo che è la minoranza.
D. - E’ una Chiesa martire
quella del Pakistan…
R. – Purtroppo è così. Soffro
molto. Sono deluso e soffro tanto per questo, però mi dà consolazione quando un cristiano
ha parole di perdono, come uno di questi che ha sofferto per la casa bruciata, che
ha detto: “Speriamo soltanto che Dio dia loro la luce di vedere la giusta via”. Questo
è più potente di un’omelia che posso fare io! In mezzo a tutte le sofferenze almeno
c’è lo spirito cristiano che regna ancora fra la gente sofferente.
D.
– La minoranza cristiana dopo quest'ultimo terribile evento chiede alle autorità di
essere protetta…
R. – E’ da tempo che lo aspettiamo
perché questa violenza scoppia qui e lì. Fanno una sorta di riconciliazione, ci sono
risarcimenti e poi invece questi incidenti si ripetono. Dovrebbero avere un po’ più
di attenzione perché i più deboli siamo noi, i cristiani non hanno armi, le nostre
case vengono bruciate, questo è vero. Noi non lo facciamo agli altri perché siamo
cristiani. Qui anche le autorità che hanno studiato nelle nostre scuole sanno che
la presenza cristiana è per il rispetto reciproco, per l’aiuto, però nonostante ciò
"non vedono" niente, questo è molto grave. Il vescovo sta lì va a Gojra per vedere
la situazione. Oggi sta lì, per incontrare i nostri cristiani, le famiglie, e poi
anche il premier del Punjab che è andato lì probabilmente per dare aiuto finanziario
ma i cristiani dicono: “Va bene, grazie, però quello che vogliamo è essere protetti,
siamo indifesi, proteggici per favore”. Avevano anche avvertito tre giorni prima.
Li perdonano! Però veramente non si può immaginare come soffrono questi cristiani
nel vedere la propria famiglia bruciata viva. Come si può?
D.
– Vuole anche dire una parola, se vogliamo un appello, a chi ci ascolta in luoghi
così lontani dal Pakistan dove forse non si ha proprio idea di quali siano le sofferenze
di una Chiesa martire…
R. - L’appello è soltanto,
veramente, alla solidarietà che possono esprimere: la solidarietà specialmente nella
preghiera, perché siamo ancora convinti e io sono convinto che questa sofferenza possiamo
superarla con la preghiera. Io so che non c’è un male così potente che non possiamo
superare con la preghiera. Inoltre, chiedo non si dimentichi la povera Chiesa piccola,
in minoranza, che è ancora qui a professare la nostra fede al costo della nostra vita.
Saremo sempre lieti e fieri di essere cristiani.