Mons. Miglio: al Sud più investimenti e solidarietà
In Italia il dibattito parlamentare è dominato in questi giorni dalla questione meridionale.
Il tasso di sviluppo non competitivo, il fenomeno dell’emigrazione e la presenza della
criminalità organizzata testimoniano ancora oggi le distanze delle regioni meridionali
da quelle settentrionali. Di fronte a questo scenario si denuncia anche una diminuzione
degli investimenti nel sud. Luca Collodi ne ha parlato con il vescovo di Ivrea
e presidente della Commissione Cei per la pastorale sociale e il lavoro, mons.
Arrigo Miglio:
R. – E’ proprio
la critica che viene anche dalle varie istanze delle Chiese del sud e della Chiesa
italiana. E' stato dimostrato che negli ultimi venti anni gli investimenti, anche
quelli della pubblica amministrazione, sono molto diminuiti. Per cui c’è anche un
problema di investimenti. Quello che si vuole mettere in evidenza sono due aspetti
che in genere vengono trascurati nei dibattiti in altre sedi. Il primo è proprio una
questione culturale. Credo davvero che ci sia da lavorare e da impegnarsi molto per
una cultura unitaria di tipo diverso nel nostro Paese e anche di tipo solidaristico.
Dire che il Paese non crescerà se non insieme non é uno slogan, ma una convinzione
profonda. Continua poi anche l’emigrazione di forze giovani e di cervelli dalle regioni
del sud. Anche questo, comunque, è un aspetto che non va trascurato. L’altro aspetto
è quello di valorizzare le ricchezze umane e anche le ricchezze ecclesiali. Le Chiese
del sud sono più giovani vivaci, ricche di vocazioni, ma anche di associazioni, di
iniziative. Dunque il problema va bene al di là degli aspetti economici. D.
– Le regioni meridionali vengono spesso associate ad episodi di criminalità
e a situazioni in cui spesso prevale la cosiddetta “arte dell’arrangiarsi”. E’ la
disperazione che porta in alcuni casi a cercare soluzioni apparentemente più facili? R.
- Una certa rassegnazione, più che disperazione, sicuramente esiste. Soprattutto una
delle difficoltà che viene messa in evidenza continuamente per le regioni del sud
è la difficoltà di avere investimenti dal nord ma anche dall’estero. Questo è il segno
di una debolezza che va affrontata un po’ alla radice. Quando parlavo di “aspetto
culturale” mi riferivo anche ai fenomeni malavitosi che vengono più frequentemente
citati o ostentati. Credo che non avrebbe senso fare un inventario quantitativo del
numero di crimini nelle regioni del sud e nelle regioni del nord. Probabilmente avremmo
delle sorprese. Quello che continua a colpirmi è il peso culturale che i fatti criminosi
del sud continuano ad avere. Si crea una specie di circolo vizioso perché condizionano
una mentalità e provocano questo tipo di rassegnazione. Questo poi diventa il terreno
per il “furbetto” o i “furboni” che compiono questi gesti. (Montaggio a cura
di Maria Brigini)