Autobomba in Spagna: oltre 60 feriti. Sospetti sull'Eta
Attentato in Spagna. Questa mattina un’autobomba è esplosa davanti a una caserma della
Guardia Civil a Burgos, nel nord del Paese, ferendo oltre 60 persone, tra agenti e
loro familiari. Tra questi 22 donne e cinque bambini. La polizia attribuisce l'attacco
ai separatisti baschi dell'Eta. Il servizio di Roberta Rizzo:
L'Eta sarebbe
tornata a colpire in Spagna. Poco prima dell’alba un’autobomba è stata fatta esplodere
nei pressi di una caserma della Guardia Civil a Burgos, nel nord del Paese. La deflagrazione,
ha provocato il ferimento di oltre 60 persone, nessuna in modo grave. Contrariamente
alla prassi, i separatisti baschi non hanno preannunciato l'esplosione con una telefonata,
ma gli inquirenti non hanno dubbi sulla matrice dell'attentato. L’autobomba era stata
installata su un furgoncino, forse rubato in Francia, parcheggiato nel retro della
caserma, sul lato dell’edificio in cui si trovano le camere degli agenti e in alcuni
casi dei loro familiari. Almeno 10 dei 14 piani dell’edificio sono stati colpiti e
parte della facciata è andata distrutta. Sulla strada, l’ordigno ha lasciato un cratere
di sette metri di diametro. L’organizzazione terroristica indipendentista basca ha
assassinato almeno 800 persone negli ultimi 40 anni ed ha spesso nel mirino la Guardia
Civil. L’ultimo attentato dell’Eta è stato compiuto a inizio luglio, quando una bomba
è esplosa davanti alla sede del Partito Socialista Basco.
Sull'attentato
alla caserma della Guardia Civil di Burgos, Stefano Leszczynski ha intervistato
Antonio Pelayo, giornalista di Antena Tres, che si trova nella cittadina iberica.
R. – Hanno
scelto questa casa caserma della Guardia Civil, che è in una documentazione che è
stata ritrovata ed era già indicata come un possibile oggetto di attentato. Dunque,
è un gesto che poteva diventare una grande tragedia perché sono passato proprio davanti
a questa caserma e sono impressionanti gli effetti di questi 200 kg di esplosivo.
D.
– Si tratta quindi di una pericolosa ripresa del terrorismo separatista o, piuttosto,
è il colpo di coda di un’organizzazione che è ormai in ginocchio?
R.
– E’ un po’ difficile da dire. Diciamo che questo è l’ottavo attentato, quest’anno,
dell’Eta, ma fino ad adesso gli attentati erano più individuali, indirizzati a delle
persone. Questa volta invece no; evidentemente si cercava di fare un autentico massacro.
D.
– Cosa dice la gente di quanto è avvenuto oggi?
R.
– Io ho davanti a me un’edizione speciale che ha fatto il Diario di Burgos appena
uscita, il cui titolo in copertina è “L’Eta cerca un massacro a Burgos”. La gente
è evidentemente un po’ esterrefatta, perché sentirsi nel mirino di questi pazzi è
sempre una cosa inquietante.
D. – Possiamo dire che
se in 41 anni di attentati l’organizzazione forse non è stata ancora del tutto eliminata,
ha comunque perso gran parte del consenso popolare che aveva?
R.
– Il consenso popolare è completamente sparito. Rimane un nucleo ridottissimo di fedeli,
che sono piuttosto giovani e poi la banda terrorista ha avuto, in questi ultimi anni,
colpi molto forti da parte della polizia che ha individuato e ha potuto arrestare
diversi dirigenti dell’organizzazione. Ora sembra che la dirigenza sia molto giovane
e fanatista e pare anche che abbia perso un po’ il filo del suo senso politico. Purtroppo,
questo vuol dire che possiamo ancora aspettarci gesti di pazzia. Cina “Circa
diecimila persone sono sparite in una notte a Urumqui”, capoluogo della regione del
Xinjiang. La denuncia arriva da Rebiya Kadeer, leader in esilio della dissidenza uighura
in Cina, protagonista, a inizio luglio, di violenti scontri interetnici con cinesi
di etnia han. Kadeer ha reclamato, inoltre, l'apertura di un’inchiesta internazionale
sui moti scoppiati nella provincia cinese. La leader della minoranza musulmana, vive
attualmente negli Stati Uniti e guida il Congresso mondiale uighuro, con sede a Monaco,
in Germania.
Iraq Sono otto i morti e 455 i feriti degli scontri
avvenuti questa mattina a "Camp Ashraf", in Iraq, tra le forze di sicurezza irachene
e i miliziani del Pmoi, braccio armato della resistenza iraniana. Le vittime sarebbero
tutte appartenenti ai Mujahidin del popolo. Sarebbero morti anche i due britannici
rapiti nel 2007 insieme a un gruppo di altri 5 ostaggi all’interno del ministero delle
Finanza a Baghdad. A riferirlo alle famiglie dei due uomini, il Foreign Office inglese.
Gli Stati Uniti, intanto, hanno dichiarato che potrebbero accelerare le operazioni
di ritiro delle truppe americane dal Paese. Ad annunciarlo, oggi, il segretario alla
Difesa Usa, Robert Gates, rientrato dall’Iraq dopo una visita a sorpresa.
Iran Liberare
tutti i manifestanti arrestati nei disordini scoppiati in Iran in seguito alla rielezione
di Ahmadinejad entro il 7 agosto. E’ stato lo stesso presidente iraniano ad avanzare
la richiesta al potere giudiziario di Teheran, dopo la scarcerazione di 140 detenuti
avvenuta ieri. Il regime ha tuttavia negato all’opposizione il permesso di organizzare
nuove cerimonie in ricordo delle vittime degli scontri dello scorso mese di giugno.
Venezuela Crisi
diplomatica tra il Venezuela e la Colombia. Il presidente Hugo Chavez ha ordinato
il ritiro del proprio ambasciatore da Bogotà e il congelamento delle relazioni con
il Paese vicino. Le nuove tensioni tra Bogotà e Caracas arrivano dopo un anno di relativa
calma nelle relazioni tra i due Paesi e seguono le denunce della Colombia sul sequestro
di un carico di armi anticarro alle Forze armate rivoluzionarie colombiane (Farc),
comprate dal Venezuela in Svezia. Nei giorni scorsi il presidente venezuelano aveva
anche denunciato la decisione della Colombia di ospitare personale militare Usa in
quattro basi sul proprio territorio: “Gli Stati Uniti – ha dichiarato Chavez - hanno
piani per invadere il Venezuela”.
Honduras Netta presa di posizione
di Washington nella crisi politica che da un mese blocca l’Honduras, con gravi danni
economici per l’intero Paese. Gli Stati Uniti hanno revocato il visto diplomatico
a quattro esponenti del governo golpista dell'Honduras: un gesto di sostegno nei confronti
del presidente deposto Manuel Zelaya. Ieri il portavoce del Dipartimento di Stato
americano, Ian Kelly, aveva reso noto il provvedimento, ribadendo che Washington non
riconosce Roberto Micheletti come presidente.
Elezioni parlamentari in Moldova Urne
aperte da questa mattina nella Repubblica Moldova per le elezioni parlamentari anticipate.
Il Presidente Vladimir Voronin spera che le votazioni di oggi possano porre fine al
momento di crisi e incertezza dell’ex Paese sovietico e riescano a far raggiungere
il traguardo della stabilità politica. Il servizio di Mariella Pugliesi:
Sono trascorsi
4 mesi dalle ultime elezioni nella Repubblica Moldova. Lo scorso aprile il successo
elettorale del partito comunista è stato contestato dall’opposizione con manifestazioni
degenerate in scontri e violenze. Oggi 2,5 milioni di elettori si recano alle urne
per il voto anticipato voluto dall’attuale presidente Vladimir Voronin, leader del
Partito comunista che a giugno ha sciolto il Parlamento appena eletto. L’opposizione
aveva fatto mancare, infatti, l’appoggio necessario per l'elezione alla presidenza
di un candidato segnalato dai comunisti. L’ex Paese sovietico, situato tra la Romania
e l’Ucraina, avrebbe anche espulso alcuni osservatori internazionali georgiani e di
organizzazioni non governative mandati dall’Osce. Oltre ai comunisti, dati come grandi
favoriti, i liberali, i democratici e i liberal-democratici, hanno la possibilità
di superare la soglia del 5 per cento per entrare in Parlamento che eleggerà il prossimo
presidente. La Repubblica Moldova è diventata indipendente dall’Unione Sovietica
nel 1991 entrando poi a far parte della Comunità degli Stati Indipendenti. Ha riconosciuto
uno statuto di speciale autonomia alla regione della Gagauzia, a maggioranza turcofona.
Problemi politici e sociali permangono invece con la Transnistria, provincia a maggioranza
russa che si è di fatto resa indipendente.La Repubblica Moldova
ha il prodotto interno lordo e l’indice di sviluppo umano più bassi d’Europa. Kirghizistan Una
manifestazione di protesta contro la rielezione del presidente Kurmanbek Bakiev è
stata repressa con la forza dalla polizia a Bishkek, capitale del Kirghizistan. Quarantadue
persone sono state arrestate mentre esponevano striscioni e bandiere contro i risultati
delle presidenziali del 23 luglio scorso. Bakiev, presidente dal 2005, è stato rieletto
la scorsa settimana con il 76 % dei voti. Lo sfidante Almazbek Atambayev, che ha raggiunto
l'8 % delle preferenze, ha dichiarato che l'elezione è stata falsata dai brogli. I
risultati sono stati contestati anche dai 250 osservatori dell'Organizzazione per
la sicurezza e la cooperazione in Europa (Ocse), inviati in Kirghizistan per monitorare
le elezioni. L’Ocse ha rilevato numerose irregolarità con casi diffusi di voto multiplo
e uso improprio delle risorse statali.
Afghanistan Cresce la pressione
dei ribelli talebani contro il contingente francese in Afghanistan. Negli ultimi otto
giorni gli attacchi dei terroristi hanno provocato tre feriti, di cui uno grave. Dal
21 luglio i soldati francesi hanno subito otto attacchi nelle province di Kapisa,
Wardak e Logar, vicino a Kabul. Lunedì scorso nel corso di una ricognizione nei seggi
elettorali a Kapisa, circa 250 soldati francesi e afghani hanno affrontato una cinquantina
di ribelli che li hanno attaccati con mitragliatrici e razzi nella valle di Bedrau.
Nessuno
Tocchi Caino: rapporto 2009 sulla moratoria delle esecuzioni capitali In quindici
anni 51 Paesi hanno abbandonato la pratica della pena di morte e 10 di questi lo hanno
fatto negli ultimi due anni. È il dato emerso dal Rapporto presentato oggi a Roma
da Nessuno Tocchi Caino in occasione della consegna del premio "L'Abolizionista dell'Anno
2009”. Dopo il voto nel 2007 della Moratoria universale delle esecuzioni capitali
da parte dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite ci sono state migliaia di fucilati,
d’impiccati, di decapitati e di lapidati in meno nel mondo. Due le prossime iniziative
dell’Associazione: la richiesta agli Stati mantenitori della pena di morte di rendere
disponibili al segretario generale dell'Onu tutte le informazioni riguardanti le esecuzioni
capitali e la diffusione della Moratoria con eventi politici e pubblici nei Paesi
di tutto il mondo.
Stati Uniti - Medio Oriente Potrebbe essere alle
porte un riavvicinamento tra Stati Uniti e Israele sulla delicata questione della
richiesta avanzata da Washington di congelamento degli insediamenti ebraici in Cisgiordania.
Lo ha lasciato intendere ieri l’emissario americano per il Medio oriente, George Mitchell,
dopo un incontro con il premier israeliano Benjamin Netanyahu.
Stati Uniti-
Cuba È stato spento il tabellone posto fuori la missione diplomatica statunitense
all'Avana. Si tratta di un segnale dato dalla Casa Bianca a dimostrazione dell'impegno
del presidente Obama per migliorare le relazioni con Cuba. Sul tabellone, montato
per volere di George W. Bush, scorrevano notizie, dichiarazioni politiche e messaggi
che incolpavano il regime comunista e l'economia socialista per i problemi di Cuba.
Sudan Una
giornalista sudanese riceverà oggi a Kartoum 40 frustate e una multa equivalente a
circa 80 euro per aver indossato i pantaloni, una tenuta considerata indecente secondo
i canoni islamici. La donna – che ha chiesto ai giornalisti di essere presenti nel
momento in cui sconterà la sua pena – è stata incriminata all’inizio di luglio. (Panoramica
internazionale a cura di Roberta Rizzo e Mariella Pugliesi)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 209
E'
possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del
Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del
sito www.radiovaticana.org/italiano.