Messico: indagine della Chiesa sulla grave situazione delle carceri
“Corruzione, sovraffollamento e tossicodipendenza” sono alcuni dei flagelli che secondo
uno studio della Pastorale sociale dell’episcopato messicano colpiscono le carceri
del Paese e soprattutto le persone sottoposte a trattamento carcerario, oltre 2 milioni
e 270mila tra coloro effettivamente sono in galera e altri che hanno l’obbligo di
dimora o di firma settimanale. E su tutti, osserva il documento, c’è “il controllo
pesante che esercitano i cartelli del narcotraffico”, configurando così uno dei fenomeni
sociali più esplosivi del Paese che attende una risposta da parte del governo federale
ma anche da quelli dei singoli Stati e dei Municipi. Si tratta in sostanza di condizioni
che spiegano l’aumento impressionante della violenza all’interno delle carceri, gli
ammutinamenti e le fughe. L’indagine realizzata dalla Pastorale sociale in tutto il
Paese ricorda che solo negli ultimi 10 anni sono stati reclusi almeno un milione di
adulti e che la metà di quelli attualmente sottoposti a trattamento carcerario, con
modalità diverse, hanno un’età inferiore ai 30 anni. Intanto i reati non diminuiscono,
anzi. Il 28% di essi sono legati direttamente o indirettamente alla droga e alla tossicodipendenza,
ma la cosa più grave è che i colpevoli di questi delitti finiscono proprio nel posto
dove è più facile drogarsi o acquistare droga perché a basso costo: le carceri. La
Pastorale sociale fa notare la mancanza di una risposta a questa realtà denunciata
dagli stessi carcerati come risulta da centinaia di questionari che sono stati compilati
tra i reclusi e i loro familiari e che sono la base della ricerca portata a compimento
in diversi mesi di lavoro. Preoccupa ugualmente, secondo gli estensori della ricerca,
che spesso la direzione o i posti di responsabilità nelle carceri vengano assegnati
sulla base di criteri clientelari e politici, mortificando la professionalità che
in questo settore è anche garanzia per il Paese. Il documento, illustrato e consegnato
ai vescovi del Messico la settimana scorsa, si sofferma anche sulle donne recluse,
il 43% delle quali sono in galera per reati contro il patrimonio e hanno un’età compresa
tra i 21 e i 30 anni. Tra le donne in carcere quelle indigene (in maggioranza “nahuas”)
sono le più vulnerabili. Il 46% di queste donne, tra i 58 e gli 82 anni di età, sono
in galera per traffico di droga e molte di loro, in particolare le più anziane, sono
in sostanza completamente abbandonate, quasi seppellite in vita. Intanto, i reati
più numerosi imputati ai maschi di età compresa tra i 59 e gli 80 anni sono il furto,
la violenza sessuale e il traffico di droga. Pedro Arellano, membro della pastorale
carceraria della Commissiona episcopale per la promozione umana e sociale, spiegando
lo sforzo compiuto, destinato in primo luogo ad avere una diagnosi più o meno completa
e approfondita su quanto accade nelle carceri, ha sottolineato l’importanza che l’intera
indagine sia stata condotta assieme con l’Associazione dei familiari dei carcerati
del Distretto federale. D’altra parte ha ricordato che non è stato facile poiché questa
situazione carceraria denunciata frutta alla corruzione ogni anno oltre 700 milioni
di “pesos”. (A cura di Luis Badilla)