Iran: tensioni all’interno della maggioranza. Ahmadinejad licenziare quattro ministri
In Iran, si complica la crisi politica scoppiata dopo la contestata rielezione del
presidente Ahmadinejad. Oltre alle continue proteste dell’opposizione, che ha chiesto
alle autorità di poter commemorare le vittime delle manifestazioni dei giorni scorsi,
anche all’interno della maggioranza la situazione è tesa. Dopo il suo vice, Ahmadinejad
ha dovuto licenziare altri quattro ministri per volere della guida spirituale, Alì
Khamenei. Che significato dare a questa situazione? Gabriella Ceraso lo ha
chiesto al giornalista iraniano Bijan Zarmandili:
D. - Più
che un cambiamento dei programmi e delle alleanze all’interno, io direi che a questo
punto le dimissioni di questi ultimi ministri seguono in realtà quelle del vice di
Ahmadinejad. Costui è stato costretto a rinunciare al proprio vice e questo per ordine
diretto di Ali Khamenei, la guida della rivoluzione. Ciò significa che si è spostato,
in un certo senso, il conflitto tra l’opposizione e il regime di Ahmadinejad. Si è
spostato all’interno dello stesso regime, nel senso che gli ultraconservatori - quelli
che hanno finora sostenuto la candidatura e la presidenza di Ahmadineajd - pensano
a questo punto che lui sia il personaggio più debole e, quindi, in qualche modo vogliono
ostacolare la sua ulteriore ascesa. D. - Come risponderà il
regime alla richiesta di commemorare le vittime delle proteste? R.
- Probabilmente, cercheranno di non accentuare il conflitto in atto e tuttavia non
possono neppure lasciare che ci siano di nuovo milioni di persone che criticano il
regime. Questo, in realtà, è un dilemma del governo e del regime e di questo dilemma
sta giustamente approfittando anche l’opposizione, nel senso che alla scadenza precisa
chiede di scendere in piazza per mostrare la propria forza. Medio
Oriente Di Iran ha parlato anche il segretario alla Difesa americano, Robert
Gates, in visita in Israele, affermando che l’amministrazione Obama attende entro
settembre una reazione da parte di Teheran sul discusso programma nucleare. Stamani,
Gates ha avuto un primo incontro con il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak,
quindi è stato impegnato con il premier, Benyamin Netanyahu. Nello Stato ebraico si
trova da oggi anche l’inviato americano, George Mitchell, proveniente dalla Siria,
il quale si recherà poi nei Territori palestinesi. Sui motivi dell’iniziativa statunitense
in Medio Oriente, Giancarlo La Vella ha raccolto il commento di Giorgio
Bernardelli, esperto dell’area:
R. - C’è
la volontà di arrivare a qualche risultato che porti a riavviare concretamente il
processo di pace, ormai "congelato" da parecchi mesi. Gli Stati Uniti sono partiti
dal punto fondamentale degli insediamenti: il loro congelamento degli - che il presidente
Obama ha chiesto - è un segno molto forte nei confronti del mondo arabo, un segno
di una politica che cambia. Da questo punto di vista, però, Obama deve fare i conti
con un’opposizione molto forte da parte dell’establishment israeliano: lo stesso
governo Netanyahu è un governo che ha al suo interno i voti di coloro che abitano
negli insediamenti, e quindi si barcamena in questa posizione. D.
- Ad Israele, dunque, si chiede un blocco degli insediamenti. Ai palestinesi, invece,
cosa si chiede? R. - La partita palestinese resta quella sulle
elezioni, che continuano ad essere rinviate. Manca ancora l'accordo tra Fatah e Hamas
perché si arrivi a tenere questa consultazione elettorale che, in teoria, sarebbe
in programma nel prossimo mese di gennaio. L’amministrazione Obama chiede sostanzialmente
un consolidamento delle strutture statuali. D. - Tra le prime
dichiarazioni di Gates, c'è anche quella nei confronti dell’Iran, al quale si chiede
la rinuncia definitiva al programma nucleare. C’è la sensazione che si voglia far
rientrare nella questione mediorientale davvero tutto… R. -
In effetti, questa è la grande richiesta di Israele. Israele chiede agli Stati Uniti
una posizione più ferma nei confronti dell’Iran: è un po’ la contropartita della politica
interna. Una posizione che garantisca maggiormente Israele di fronte alla minaccia
iraniana. Honduras Spiragli di pace per l’Honduras dopo
la lunga crisi politica causata dalla destituzione del presidente, Manuel Zelaya.
Ieri, i vertici delle Forze armate hanno fatto sapere di essere d’accordo con la proposta
di mediazione del capo dello Stato costaricano, Osca Arias. Bisognerà sentire ora
anche il parere del presidente de facto,Roberto Micheletti. I militari
auspicano pure che qualsiasi ulteriore passo venga compiuto sia nel rispetto della
Costituzione e delle leggi.
Cecenia Dal prossimo primo agosto, gli
indipendentisti ceceni cesseranno gli attacchi contro la polizia della Repubblica
ex sovietica. La decisione è stata presa durante una riunione del parlamento e del
governo in esilio, svoltasi di recente a Berlino. Ieri, a Grozny quattro agenti di
polizia e un passante sono rimasti uccisi nell'esplosione provocata da un kamikaze.
Negli ultimi mesi, in Cecenia e nelle altre due Repubbliche caucasiche del Nord di
Inguscezia e Daghestan si è registrato un forte aumento di attentati terroristici
contro le forze della polizia.
In aumento i contagi da influenza A/H1N1 Sono
814 i nuovi casi d’influenza A-H1N1 registrati nel mondo nelle ultime 24 ore. I dati,
forniti oggi dal Centro europeo per il controllo delle malattie, si basano sui casi
notificati dalle autorità sanitarie nazionali e internazionali. Tra i nuovi casi,
anche un uomo italiano residente in Argentina morto ieri a causa di una polmonite,
la più grande delle complicanze provocate dall’influenza. La pandemia ha creato panico
anche a bordo della Ruby Princess, una delle navi da crociera più grandi del mondo
che stava per ormeggiare al porto di Venezia: sette persone hanno manifestato i sintomi
dell’influenza e sono risultate positive ai test. Nell'aggiornamento sulla diffusione
del virus, il numero totale dei casi è di 160.038 mentre il totale delle morti è salito
a 991.
Nigeria Resta altissima la tensione in Nigeria. All’indomani
degli scontri nello stato del Bauchi, costati la vita ad oltre 50 persone, i ribelli
islamici sono tornati ad attaccare alcune stazioni di polizia nel nord del Paese.
I membri del gruppo integralista "Boko Haram" chiedono l’applicazione rigorosa della
sharia in tutta la Nigeria. Il servizio di Marco Guerra: C’è
il sospetto della mano di al Qaeda e della rete internazionale del terrore dietro
agli attacchi dei fondamentalisti islamici che stanno infiammando gli Stati nordorientali
della Nigeria. Ieri, a Bauchi, nell’assalto a un posto di polizia sono morti
una cinquantina di adepti della setta integralista che si ispira apertamente ai talebani.
E stamani si è ripetuto il copione negli Stati di Potiskum e Borno, con decine di
miliziani che hanno attaccato due stazioni di polizia. Al momento, si contano quattro
poliziotti rimasti feriti e un pompiere accorso per sedare un'incendio morto. Le
azioni delle ultime 24 ore sarebbero una ritorsione per l'arresto di alcuni leader
della setta. Ma la ragione più profonda risiede nella volontà di estendere la legge
islamica in tutti gli stati Nigeria. Bauchi e Borno sono infatti tra i 12 stati
del Paese dove dal 2000 è stata introdotta la sharia. In molti sostengono però
che la guerriglia filo-islamica è alimentata dallo stato di miseria che attanaglia
le aree del nord a maggioranza musulmana. Corea del Nord La
Corea del Nord è pronta a un nuovo tipo di dialogo sul discusso programma nucleare,
ma questa volta con colloqui bilaterali con gli Stati Uniti. Il ministero degli Esteri
di Pyongyang ha fatto sapere, infatti, di non volere più entrare nei dialoghi multilaterali
a 6 che coinvolgono Corea del Sud, Giappone, Cina, Russia e Usa. La decisione della
Corea del Nord arriva dopo le minacce e le provocazioni dei giorni scorsi, in risposta
alle dichiarazioni di ieri del segretario di Stato americano, Hillary Clinton, secondo
cui la sede appropriata del dialogo sul nucleare con Pyongyang resta quella dei colloqui
a sei.
Bulgaria Il leader del partito bulgaro di centrodestra "Gerb"
e sindaco di Sofia, Boïko Borissov, uscito vittorioso dalle legislative del 5 luglio
scorso, ha ricevuto stamattina l’investitura ufficiale da primo ministro dal Parlamento
bulgaro. Borissov, che nel voto di inizio mese ha sconfitto i socialisti, ha promesso
di lottare contro la corruzione e la criminalità organizzata.
Francia: Sarkozy
a riposo dopo il malore Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, è uscito stamani
dall'ospedale militare parigino di Val-de-Grace, dove ha passato la notte a seguito
di un ''malore lipotimico da sforzo'' occorsogli durante un momento di allenamento
fisico. Secondo quanto riferisce una nota dell’Eliseo, il capo di Stato dovrà riposarsi
''alcuni giorni'', ma ''nessun trattamento medico'' gli è stato prescritto. Il malore
di ieri - si legge nel comunicato - è stato ''provocato dal grande caldo, in un contesto
di fatica legata a un carico di forte lavoro”. Gli esami svolti, fra i quali una radiografia
alle coronarie, hanno permesso di stabilire che il malore “non ha alcuna causa cardiologica,
né alcuna conseguenza cardiologica”. (Panoramica internazionale a cura di Marco
Guerra e Mariella Pugliesi) Bollettino del Radiogiornale
della Radio Vaticana Anno LIII no. 208 E' possibile
ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino
del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.org/italiano.