Accorato appello degli istituti missionari ai vescovi italiani: vocazioni missionarie
in costante calo
“Aiutateci a riconoscerci come patrimonio ecclesiale proprio delle vostre diocesi”,
considerando i missionari “una risorsa anche per la Chiesa italiana” e promuovendo
“la vocazione missionaria con la stessa convinzione con cui si promuovono le vocazioni
sacerdotali e quelle religiose”. Queste, alcune delle richieste contenute nella lettera
che gli istituti missionari aderenti alla Cimi (Conferenza degli istituti missionari
in Italia) hanno inviato a tutti i vescovi italiani per fare il punto sulla situazione
attuale. Il documento è stato firmato da padre Alberto Pelucchi, presidente Cimi,
e da suor Carmela Coter, vice-presidente. Alla Cimi aderiscono tra gli altri, Pime,
Comboniani, Consolata, Saveriani, Francescane missionarie di Marie, Padri Bianchi.
Nella lettera, riferisce il Sir, i missionari italiani manifestano alcune difficoltà:
“il numero dei nostri missionari e missionarie di origine italiana è in continuo calo;
le vocazioni sono rare, le nostre comunità sono sempre più composte da persone anziane
rientrate per ragioni di età e salute. La nostra stessa identità missionaria, all'interno
del mondo ecclesiale italiano, conosce delle connotazioni un po' confuse”. Tra le
richieste, quella di valorizzare i missionari rientrati in Italia, ad esempio facendo
in modo che le comunità diventino dei “centri di spiritualità missionaria dove ogni
cristiano possa riconoscere e assimilare l'amore di Dio per il mondo, in particolare
i piccoli, gli ultimi, gli immigrati”. I missionari chiedono di “qualificare ulteriormente”
i Centri missionari diocesani, e si propongono per dare un “contributo di esperienza”
a “stranieri di altre religioni e in situazioni particolarmente degradate di povertà
ed emarginazione”. (A.D.G.)