2009-07-25 16:28:09

La diffusione della “Caritas in veritate” in Africa


La “Caritas in veritate” in Africa è arrivata in sordina, e, tranne qualche illustre eccezione, i più importanti mass-media hanno cominciato a dare un po’ di spazio al documento diversi giorni dopo la sua pubblicazione. Ad ogni modo a tutt’oggi non si registra un ampio dibattito sulle principali testate. Almeno questa è l’impressione che si registra osservando la stampa digitale africana. Eppure, come ha detto mons. Emmanuel Badejo, vescovo di Oyo, Nigeria, in questo continente “le questioni sociali sono al centro dell'agire della Chiesa e della società civile”. In sostanza non esiste un solo problema tra quelli focalizzati nell’enciclica che non sia attualissimo e urgente in tutto il continente. Tuttavia sarebbe un grave errore fermarsi alle apparenze poiché la “distrazione” descritta prima non corrisponde alla realtà profonda di questi popoli. È vero che sul web si trova poco sulla “Caritas in veritate” anche se non mancano i commenti e le prese di posizioni dei vescovi, per esempio del Sudafrica, della Nigeria, della Tanzania o della Costa d’Avorio. In realtà in Africa non si comunica com’è ormai abitudine nelle cosiddette società occidentali, in particolare quelle maggiormente informatizzate. L’Africa è la regione del mondo con la minore quantità di computer e le più modeste connessioni telefoniche: in tanti luoghi non ci sono le linee telefoniche, ma neanche l’elettricità. Un buon computer collegato alla rete può costare anche due anni di stipendio, e certamente nelle società povere, non sono una priorità del bilancio familiare. In Africa la comunicazione privilegia il racconto orale e il “passa parola” e perciò l’enciclica, dal giorno della sua pubblicazione, si è incanalata su questi binari. Gli esperti africani da noi consultati ci confermano: gli africani stanno facendo i conti con l’enciclica di Benedetto XVI, che tra l’altro sentono come se fosse un “racconto proprio”, come lo fanno sempre. Il vescovo raduna i suoi sacerdoti, molti a volte ci mettono diversi giorni per arrivare all’appuntamento, e con loro studia, analizza e approfondisce il documento. Poi, ciascuno, incoraggiati anche dal fatto di aver ricevuto strumenti adatti alla lettura e alla spiegazione, più necessari che mai poiché si tratta di un testo non facile, torna tra i suoi fedeli, nelle proprie comunità, e comincia il lento ma solido lavoro di diffusione. E così tocca al parroco questa volta il compito di “ridare” ai diaconi e ai catechisti i contenuti che si è scelto di affrontare privilegiando sempre la dimensione del “vissuto locale”, porta d’ingresso per qualsiasi processo di comunicazione che sia capace di andare oltre l’informazione e diventare condivisione. Per quanto riguarda l’Africa, dunque, sarebbe fuorviante farsi un’idea del suo rapporto con la “Caritas in veritate” usando le categorie della comunicazione occidentale. In Africa l’enciclica non è un fatto mediatico e difficilmente potrà diventarlo. Come è accaduto con tante altre encicliche, di questo Papa e dei suoi predecessori, la conoscenza e la diffusione della “Caritas in veritate” sarà lenta, graduale, personale, ma solida perché i suoi contenuti sono dei semi che aspettano il tempo propizio per spuntare dal fondo della terra. Alla fine, come si vedrà fra poche settimane con la seconda Assemblea Speciale del Sinodo per l'Africa (che si terrà in Vaticano dal 4 al 25 ottobre 2009) il cuore delle riflessioni di decine di vescovi sarà proprio l’enciclica alla luce della quale i presuli affronteranno il tema scelto dal Papa:“La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace ‘Voi siete il sale della terra… Voi siete la luce del mondo’ (Mt 5, 13.14)”. (L. B.)








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