"Se manca Dio, manca la bussola". Così il Papa celebrando i vespri nella Cattedrale
di Aosta
"Se Dio manca, manca la bussola, non si sa dove andare". Così il Papa questo pomeriggio
durante la celebrazione dei Vespri nella Cattedrale di Aosta. Il Potere di Dio - ha
aggiunto - non è nell’economia, o nella forza militare, ma nel Perdono. Nell’anno
sacerdotale, rivolto alle circa 400 persone riunite per la celebrazione, Benedetto
XVI ha esortato a “portare Dio nella realtà contemporanea". La vita di ogni sacerdote
– ha detto - parli di Dio. Calorosissima l’accoglienza riservata al Santo Padre giunto
a bordo di un automobile scoperta e salutato con affetto e commozione dal vescovo
di Aosta mons. Giuseppe Anfossi. Al termine della celebrazione il saluto sul sagrato
della Basilica, poi, prima del rientro nello chalet di Les Combes, la visita agli
ospiti della casa di riposo di Introd. Il servizio è di Paolo Ondarza
Riportiamo
di seguito una prima trascrizione di lavoro dell'omelia pronunciata da Benedetto
XVI durante i Vespri celebrati ad Aosta: Eccellenza, cari fratelli e
sorelle, vorrei innanzitutto dire “Grazie” a Lei, Eccellenza, per le Sue buone
parole con le quali mi ha introdotto nella grande storia di questa Chiesa Cattedrale
e così mi ha fatto sentire che preghiamo qui, non solo in questo momento, ma posso
pregare con i secoli in questa bella chiesa. E grazie a tutti voi che siete venuti
per pregare con me e per rendere visibile così questa rete di preghiera che ci collega
tutti e sempre.
In questa breve omelia vorrei dire qualche parola sull’orazione
con la quale si concludono questi Vespri, perché mi sembra che in questa orazione
il brano della Lettera ai Romani, ora letto, sia interpretato e trasformato in preghiera.
L’orazione si compone di due parti: un indirizzo – un’intestazione, per così dire
– e poi la preghiera composta da due domande. Cominciamo con l’indirizzo che ha, anche
da parte sua, due parti.
Va qui un po’ concretizzato il “tu” al quale parliamo,
per poter bussare con migliore forza al cuore di Dio. Nel testo italiano, leggiamo
semplicemente: “Padre misericordioso”. Il testo originale latino è un po’ più ampio;
dice “Dio onnipotente, misericordioso”. Nella mia recente Enciclica, ho tentato di
mostrare la priorità di Dio sia nella vita personale, sia nella vita della storia,
della società, del mondo. Certamente l’elezione di Dio è una cosa profondamente personale,e
la persona è un essere in relazione e se la relazione fondamentale – la relazione
con Dio – non è viva, non è vissuta, anche tutte le altre relazioni non possono trovare
la loro forma giusta. Ma questo vale anche per la società, per l’umanità come tale.
Anche qui se Dio manca, se si prescinde da Dio, se Dio è assente, manca la bussola
per mostrare l’insieme di tutte le relazioni per trovare la strada, l’orientamento
dove andare.
Dio: dobbiamo di nuovo portare in questo nostro mondo la realtà
di Dio, farlo conoscere e farlo presente. Ma Dio, come conoscerlo? Nelle visite “ad
Limina” parlo sempre con i vescovi, soprattutto africani, ma anche quelli dell’Asia,
dell’America Latina, dove sono ancora le religioni tradizionali, su queste religioni.
Ci sono molti dettagli, abbastanza diversi, naturalmente, ma ci sono anche elementi
comuni. Tutti sanno che c’è Dio, un solo Dio, che Dio è una parola al singolare, che
gli dei non sono Dio, che c’è Dio, il Dio. Ma nello stesso tempo questo Dio sembra
assente, molto lontano, non sembra entrare nella nostra vita quotidiana, si nasconde,
non conosciamo il suo volto. E così la religione in gran parte si occupa delle cose,
dei poteri più vicini, gli spiriti, gli antenati, ecc., poiché Dio stesso è troppo
lontano e così ci si deve arrangiare con questi poteri vicini. E l’atto della evangelizzazione
consiste proprio nel fatto che il Dio lontano si avvicina, che il Dio non è più lontano,
ma è vicino, che questo “conosciuto-sconosciuto” adesso realmente si fa conoscere,
mostra il suo volto, si rivela, il velo sul volto scompare, e mostra realmente il
suo volto.
E perciò, poiché Dio stesso adesso è vicino, lo conosciamo, ci
mostra il suo volto, entra nel nostro mondo. Non c’è più bisogno di arrangiarsi con
questi altri poteri, perché Lui è il potere vero, è l’Onnipotente. Non so perché abbiano
omesso nel testo italiano la parola “onnipotente”, ma vero è che ci sentiamo un po’
quasi minacciati dall’onnipotenza, sembra limitare la nostra libertà, sembra un peso
troppo forte, ma dobbiamo imparare che l’onnipotenza di Dio non è un potere arbitrario,
perché Dio è il Bene, è la Verità, e perciò Dio può tutto, ma non può agire contro
il bene, non può agire contro la verità, non può agire contro l’amore e contro
la libertà, perché Egli stesso è il Bene, è l’Amore, e la vera libertà. E perciò
tutto quanto fa non può mai essere in contrasto con verità, amore e libertà. Il contrario
è vero. Egli, Dio, è il custode della nostra libertà, dell’amore della verità. Questo
occhio che ci vede non è un occhio cattivo che ci sorveglia, ma è la presenza di un
amore che non ci abbandona mai e ci dona la certezza che è il bene è essere, il bene
è vivere, è l’occhio dell’amore che dà l’aria di vivere a noi. Dio onnipotente e misericordioso.
Un’orazione
romana, collegata con il testo del libro della Sapienza, dice: “Tu, Dio, mostri la
tua onnipotenza nel perdonare e nella misericordia. Il vertice della potenza di Dio
è la misericordia, è il perdono. Nel concetto mondiale, nostro, oggi, di potere, pensiamo
a uno che ha grandi proprietà, che in economia ha qualcosa da dire, dispone di capitali,
per influire nel mondo del mercato. Pensiamo a uno che dispone del potere militare,
che può minacciare. La domanda di Stalin: “Quante divisioni ha il Papa?” ancora caratterizza
l’idea media del potere. Potere ha chi può essere pericoloso, chi può minacciare,
chi può distruggere, chi ha in mano tante cose del mondo. Ma la Rivelazione ci dice:
“Non è così”; il vero potere è il potere di grazia, e di misericordia. Nella misericordia
Dio dimostra il vero potere. E così la seconda parte di questo indirizzo dice: “Hai
redento il mondo, con la passione, con il soffrire del tuo Figlio”. Dio ha sofferto
e nel Figlio soffre con noi. E questo è l’ultimo apice del suo potere che è capace
di soffrire con noi. Così dimostra il vero potere divino, voleva soffrire con noi,
e per noi e nelle nostre sofferenze non siamo mai lasciati soli. Dio, nel suo Figlio,
prima ha sofferto ed è vicino a noi nelle nostre sofferenze.
Tuttavia rimane
la questione difficile che adesso non posso interpretare ampiamente: perché era necessario
soffrire per salvare il mondo? Era necessario, perché nel mondo esiste un oceano
di male, di ingiustizia, di odio, di violenza, e le tante vittime dell’odio e dell’ingiustizia
hanno il diritto che sia creata giustizia . Dio non può ignorare questo grido dei
sofferenti che sono oppressi dall’ingiustizia. Perdonare non è ignorare, ma trasformare,
cioè Dio deve entrare in questo mondo e opporre all’oceano dell’ingiustizia un oceano
più grande del bene e dell’amore.
E questo è l’avvenimento della Croce, che
da quel momento contro l’oceano del male esiste un fiume infinito e perciò sempre
più grande di tutte le ingiustizie del mondo, un fiume di bontà, di verità, di amore.
Così Dio perdona trasformando il mondo ed entrando nel nostro mondo perché ci sia
realmente una forza, un fiume di bene più grande di tutto il male che può mai esistere.
E così l’indirizzo a Dio diventa un indirizzo a noi: cioè questo Dio ci invita a metterci
dalla parte di Dio, di uscire dall’oceano del male, dell’odio, della violenza, dell’egoismo
e di identificarci, di entrare nel fiume del suo amore. E proprio questo è il contenuto
della prima parte della preghiera che segue: “Fa’ che la tua Chiesa si offra a te
come sacrificio vivo e santo”. Questa domanda, diretta a Dio, va anche a noi stessi
. E’ un accenno a due testi della Lettera ai Romani; nel cap. 8 Paolo dice: “Dobbiamo
noi stessi divenire un sacrificio vivo”. Noi stessi, con tutto il nostro essere, dobbiamo
essere adorazione, sacrificio, restituire il nostro mondo a Dio e trasformare così
il mondo. E al cap. 11, dove Paolo descrive l’apostolato come sacerdozio. E la funzione
del sacerdozio è consacrare il mondo perché diventi il mondo ostia vivente, perché
il mondo diventi liturgia. Che la liturgia non sia una cosa accanto alla realtà del
mondo, ma che il mondo stesso diventi ostia vivente, diventi liturgia. E’ la grande
visione che poi ha avuto anche Teilhard de Chardin, che alla fine avremo una vera
liturgia cosmica, il cosmo diventi ostia vivente. E preghiamo il Signore perché ci
aiuti ad essere sacerdoti in questo senso di aiutare nella trasformazione del mondo,
in adorazione di Dio, cominciando con noi stessi. Che la nostra vita parli di Dio,
che la nostra vita sia realmente liturgia, annuncio di Dio, porta nella quale il Dio
lontano diventa il Dio vicino, e realmente dono di noi stessi a Dio.
E poi
la seconda domanda. Preghiamo “Fa’ che il tuo popolo sperimenti sempre la pienezza
del tuo amore”. Nel testo latino va detto “Saziaci con il tuo amore”. E così il testo
accenna al salmo che abbiamo cantato, dove si dice: “Apri la tua mano e sazi la fame
di ogni vivente". Apri la tua mano e sazi la fame di ogni vivente: e quanta fame esiste
nella terra, fame di pane in tante parti del mondo -Sua Eccellenza ha parlato anche
delle sofferenze delle famiglie qui - fame di giustizia, fame di amore. E con questa
preghiera, preghiamo Dio: “Apri la tua mano e sazi realmente la fame di ogni vivente.
Sazi la fame nostra della verità, del tuo amore”. Così sia. Amen.
Saluto
al termine della liturgia, sul sagrato della Cattedrale, a coloro che avevano i seguito
i Vespri all’esterno Cari amici, vorrei semplicemente dire “Grazie” per
questa vostra accoglienza, per l’affetto e per la simpatia. Qui siamo tutti uniti
nella preghiera, e siamo uniti nell’amicizia che il Signore ci dona. Auguro a tutti
voi un tempo buono, anche buone vacanze, come anch’io sono in vacanza…senza incidenti
per voi! Grazie! Auguri a tutti voi.