2009-07-24 15:37:36

Iraq: elezioni in Kurdistan


Il Kurdistan iracheno al voto per le elezioni legislative e presidenziali. Una consultazione particolarmente importante nel contesto in cui si trova il Paese in ragione delle ricchezze energetiche della regione, che la rendono crocevia di interessi internazionali. Le consultazioni legislative vedono contrapposti oltre 500 candidati sparsi in una ventina di liste in corsa per 111 seggi totali. Undici sono riservati alle minoranze turcomanna e cristiana e 37 a deputati donne. Dalle previsioni degli analisti a risultare favoriti sono i candidati dell’alleanza tra il partito dell’attuale presidente regionale Massud Barzani e la formazione del presidente della Repubblica irachena Talabani. Stefano Leszczynski ha intervistato don Renato Sacco, di Pax Christi da poco rientrato dall’Iraq:RealAudioMP3

R. – Sicuramente sono elezioni importanti in uno dei posti più “caldi” del mondo perché è una delle zone più ricche di petrolio. Mi sembra che lo stesso presidente del Kurdistan abbia detto riferendosi a questa zona di sperare che diventi la nuova Dubai. C'è un boom economico molto forte. Sono stato nella regione nel mese di giugno e la situazione è apparentemente di un boom economico con segni visibilissimi nell’edilizia, nelle strade. I curdi si fanno forti dicendo di essere in grado di garantire la sicurezza. Molti cristiani, fuggiti da Mossul e da Baghdad, si trovano lì ma è una zona molto calda perché bisogna decidere il futuro.
 
D. – Il Kurdistan è un’area dell’Iraq che presenta un po’ un paradosso per il suo carattere semiautonomo. Una situazione che l’ha resa forse relativamente più tranquilla rispetto alle altre aree del Paese dal punto di vista della sicurezza ma dove le tensioni, soprattutto nei confronti delle minoranze, sono molto forti. Sorprende ancora di più perché esercitate da una parte del Paese che era a sua volta minoranza...
 
R. - Forse da una parte è un po’ una rivalsa. Loro hanno subito molto con Saddam e adesso dimostrano di aver alzato la testa, di essere capaci di gestire questo e di proclamarsi di fatto già autonomi. Credo che ci sia anche un grosso nodo importante: la prospettiva di balcanizzare l’Iraq, cioè di dividerlo in tre Stati. Molti spingono in questa direzione. E’ importante ricordare come tutta la Chiesa caldea, ma non solo, spinga perchè l’Iraq resti unito. Gli appelli che arrivano - l’ ho potuto constatare recandomi in Iraq - non sono concordanti. Se si va verso una divisione da una parte ci perde la qualità della convivenza, dall’altra ci perdono le minoranze. Di fronte ad una spartizione di tre Stati la domanda è: i cristiani dove vivranno?
 
D. – Ricordiamo che questi cristiani sono a tutti gli effetti iracheni che hanno sempre dato un forte contributo al Paese...
 
R. - Proprio il patriarca Delly, salutandomi nel mese di giugno, mi diceva: non chiedermi come stanno i cristiani, chiedimi come sta la gente dell’Iraq. Perché, di fatto, i cristiani sono iracheni e vivono le fatiche le sofferenze di tutti gli iracheni. Certo in questi giorni con i vari attentati, ancora di più, pagano il conto. Credo sia importante, anche da parte dell’Occidente, guardare verso quella realtà non da un punto di vista distaccato, soffermandosi sul business economico, sul petrolio e le ricchezze, ma con un’attenzione molto umana. Come anche il Papa ricordava ai grandi del G8, bisogna mettere le persone al centro e non gli affari.







All the contents on this site are copyrighted ©.