Sempre alta la tensione politica in Iran dopo la contestata conferma elettorale di
Mahmoud Ahmadinejad alla presidenza del Paese. Domani a Teheran ed in altri centri
l’opposizione scenderà nuovamente in piazza, con l’appoggio da 300 città straniere.
Già oggi in centinaia hanno protestato davanti alla sede dell'Onu a New York per chiedere
la liberazione dei prigionieri politici in Iran. Sul fronte politico intanto il Consiglio
dei guardiani avrebbe approvato un documento in cui chiede all’ex presidente Rafsanjiani
di allinearsi alle direttive governo, mentre l'ayatollah Ali' Khamenei ha ordinato
a Ahmadinejad di licenziare Mashaie, che il presidente aveva scelto come suo vice.
Sulla situazione in Iran Giancarlo La Vella ha raccolto il commento di Hamad Rafat,
giornalista iraniano in Italia
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R. - Secondo
me, ormai la spaccatura che si è creata al vertice della Repubblica islamica non è
ricomponibile e pertanto non può che ogni giorno aggravarsi: è un gioco a scacchi,
ognuno ogni giorno può fare una mossa, e alla mossa di Khamenei, Rafsanjani potrebbe
rispondere - in quanto presidente dell’assemblea degli esperti - con la rimozione
di Khamenei dalla guida suprema, perché essa spetta proprio a questo organismo presieduto
da Rafsanjani.
D. – Secondo te, quali potranno essere
i prossimi passi dell’opposizione iraniana?
R. - Se
intendiamo la gente che manifesta in piazza, continueranno sotto diverse forme: è
prevista una grande manifestazione in Iran e fuori, in più di 300 città del mondo.
Poi, sono iniziate anche altre forme di lotta: sono in programma scioperi nelle industrie
e negli uffici per le prossime settimane. Per quanto riguarda il vertice, le mosse
sono più politiche, ma io non escludo nemmeno uno scontro tra gli apparati armati
delle due anime della Repubblica islamica.
D. - Mettendoci
nei panni, invece, di chi è al potere: non rischia in questo modo l’Iran di rimanere
isolato dal punto di vista internazionale, proprio nel momento in cui si parlava di
timidi tentativi di dialogo, soprattutto con gli Stati Uniti?
R.
- L’offerta di dialogo è venuta dal presidente Obama. Dalla leadership iraniana
al potere questo invito non è mai stato accettato, non hanno mai risposto. Personalmente,
sono convinto che un isolamento in questo momento sia quello che i leader della Repubblica
islamica cercano, perché permette loro di sviluppare il programma atomico senza dover
discutere per facilitare la discussione. Sono convinti, una volta in possesso della
prima bomba atomica, che il discorso con l’Occidente cambi completamente e si giochi
su altri tavoli e con altri toni.