L'escursione tra la natura delle Dolomiti, occasione per riscoprire la propria interiorità.
Intervista con padre Diego Soravia
Nel periodo estivo, vivere momenti di preghiera è anche un’occasione per arricchire
la propria fede. Ci sono luoghi, come le Dolomiti, dove la contemplazione della natura
e l’intima meditazione portano a porsi domande su Dio e l’uomo. E’ quanto sottolinea,
al microfono di Amedeo Lomonaco, padre Diego Soravia, parroco
di Santo Stefano di Cadore, che da oltre 20 anni organizza ritiri spirituali itineranti
sulle Dolomiti per turisti e fedeli:
R. - L’esperienza
che stiamo facendo è un’opportunità che viene offerta sia ai parrocchiani sia agli
ospiti. Si può vivere una giornata a contatto con la natura. Si possono fare le passeggiate,
passare accanto ad un capitello, ad un crocifisso o a un’icona, accompagnati alle
volte con un brano, con una riflessione, ma anche con dei momenti di silenzio. Questa
esperienza mette insieme l’opportunità del pregare col camminare in mezzo alla natura
che in questi luoghi, fortunatamente, è un dono grande.
D.
- Un’opportunità per sottolineare anche che la fede non va in vacanza e che bisogna
dedicare del tempo al ristoro dell’anima…
R. - Infatti,
molti si inseriscono volentieri in questa realtà di meditazione, riflessione, preghiera,
di meraviglia e di stupore di fronte alla natura, dove un Salmo diventa un qualcosa
d’immediato e di condivisibile. E’ una fede che non va in vacanza e che invece trova
un’opportunità d’essere vissuta, espressa e condivisa anche con delle persone che
più facilmente riescono a trovare Dio salendo la montagna, piuttosto che andando in
Chiesa: anche se l’obiettivo è quello di creare delle opportunità per incontrarsi
il giorno dopo in Chiesa per lodare il Signore. Quindi, l’espressione “la fede non
va in vacanza” si inserisce all’interno di questo cammino che anche la diocesi ha
voluto fare come espressione concreta di un Sinodo locale, creando l'opportunità di
alcuni tratti di strada da percorrere in mezzo alla natura sulle Dolomiti. Così, questa
esperienza diventa un servizio di crescita nella propria fede, con l’aiuto forte della
natura ma anche attraverso il camminare insieme, il condividere la fatica e magari
anche ciò che abbiamo nello zaino.
D. - L’immensità
della montagna aiuta anche a far risplendere ciò che è dentro di sé, nell’intimo,
attraverso il silenzio, il ritmo dei passi, nella condivisione…
R.
- In montagna bisogna salire in alto e il paradosso è che, mentre sali in alto, entri
nel basso, entri dentro te stesso. La natura ti offre l’opportunità non solo di ammirare,
di guardare e di stupirti, ma anche di porti la domanda: “Chi è l’uomo?” Quando ci
si trova ad essere davanti ad un ghiacciaio, un nevaio, ti senti piccolo, percepisci
più forte l'amore del Signore. Salendo in montagna, si ha quindi l’opportunità di
rinfrancare le proprie convinzioni e motivazioni, tornare a casa più sereni. E' un
arricchimento personale ma anche comunitario, a contatto con la natura. Una natura
che è per noi un gran dono del Signore. Giovanni Paolo II parlava della natura come
di un “libro aperto”. Un libro aperto che siamo chiamati a leggere nella semplicità
e con occhi di fede.