Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
In questa 16.ma Domenica del Tempo Ordinario la Liturgia ci presenta il Vangelo in
cui i discepoli, dopo aver annunciato la buona novella attraverso le città, sono invitati
da Gesù a riposare in disparte, in un luogo deserto. Molte persone però li seguirono:
Gesù
“vide una grande folla” ed “ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che
non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose”.
Su questo brano
evangelico ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente
di Cristologia all'Università Lateranense:
«Eravate
erranti come pecore» - scrive Pietro (1 Pt 2, 25) descrivendo la condizione normale
degli uomini prima dell'incontro con Gesù Cristo, «come pecore senza pastore» (Mc
6, 30-34).
L'errante è uno che è nell'errore ed è
anche uno che non sa dove sta andando. L'uomo nel suo vivere e nel suo intraprendere
quotidiano si muove sempre in riferimento ad un fine e ad una meta. Tutti i passi
che compie hanno senso in quanto orientati ad un fine. Ogni singola finalità, nel
tempo della nostra esistenza, ha senso se rappresenta una tappa verso una finalità
più grande e definitiva, verso un fine ultimo.
E'
il fine ultimo a dare significato ad ogni singolo passo dell'uomo impegnato ogni volta
nelle più disparate mete intermedie. Allora, "essere erranti" significa o non avere
un fine ultimo, oppure averne uno che noi abbiamo eletto a svolgere tale funzione,
ma che, in verità, non lo è, né lo può essere.
Per
questo Gesù si commuove. Si commuove al vedere l'umanità che, in Sua assenza, è perduta,
smarrita, errante. Si commuove perché vede che il Padre glieli ha mandati ed essi
intuiscono, in qualche modo, che è Lui il fine ultimo, è Lui che è lì presente in
mezzo a loro e, dovunque vada, lo inseguono, non lo lasciano più.