A Campobasso ultimo commosso saluto al caporalmaggiore Alessandro Di Lisio
Bandiere a mezz'asta e lutto cittadino ieri a Campobasso dove in migliaia hanno partecipato
alle solenni esequie di Alessandro Di Lisio, caporalmaggiore dei paracadutisti della
Folgore, ucciso in un attentato in Afghanistan martedì scorso. Amici e commilitoni
si sono stretti intorno alla famiglia del parà, “un’instancabile operatore di pace”,
come lo ha definito nell’omelia l’ordinario militare per l’Italia, mons.Vincenzo
Pelvi, che si è anche soffermato sul senso della morte e sull’importanza delle
missioni di pace. Sentiamolo al microfono di Gabriella Ceraso:
R. – Dinanzi
a questi eventi così tragici c’è tanto dolore. Ma è un dolore che credo abbia bisogno
di silenzio e preghiera. E’ un progetto di amore quello di Dio sulla storia umana.
Credo che se ci addolora e ci spaventa il mistero della morte, sentiamo che non tutto
è finito: noi siamo sorretti dalla certezza che Alessandro, che era un buon credente,
un giovane che viveva la sua testimonianza accanto agli scout della parrocchia, è
stretto ora nell’abbraccio di Dio buono e misericordioso. La morte non distrugge la
vita ma semina ancora più vita.
D. – Lei ha sottolineato
anche la riconoscenza e il debito di amore infinito non solo verso Alessandro ma anche
verso tutti i militari che operano nel mondo per la pace…
R.
– Sono sentimenti di grande orgoglio perché i nostri militari danno prova di una straordinaria
forza interiore; sopportano grandi sacrifici fino al sacrificio più grande, quello
della loro vita. Il mondo militare, a mio modo di vedere, con le missioni all’estero,
sta contribuendo ad edificare una cultura di solidarietà e di responsabilità globale.
Questo mi pare sia davvero un merito ed un incoraggiamento che ci spinge a salvaguardare
sempre di più la vita umana e la dignità dell’uomo al di là di differenze di cultura,
di religione e di vedute. Siamo certi che le nostre forze armate, con la conquista
pacifica dei cuori e delle menti, riusciranno a dare speranza al popolo afghano.