India e Pakistan insieme nella lotta contro il terrorismo
India e Pakistan collaboreranno nel combattere il terrorismo. L’importante risultato
è emerso dai negoziati bilaterali a margine del vertice dei Paesi non allineati in
corso a Sharm el Sheikh, in Egitto. Si fa sempre più difficile, intanto, la situazione
in Pakistan dove estremisti vicini ad Al Qaeda hanno ucciso un funzionario della Nazioni
Unite. Per un’analisi su quanto sta avvenendo nella regione, Stefano Leszczynski
ha intervistato Loretta Napoleoni, economista ed esperta di terrorismo internazionale.
R. – Il Pakistan
ormai è diventato un Paese di prima linea nella lotta contro il terrorismo dei talebani
e di Al Qaeda. C’è questo desiderio di poter risolvere la situazione. Ho paura, però,
che sia un obiettivo al momento irraggiungibile, dati i risultati. E’ chiaro, quindi,
che il premier spinge per un’ulteriore partecipazione sia da parte degli americani
sia da parte delle altre forze dell’alleanza. D. – La situazione
del conflitto in Afghanistan è sempre più difficile nonostante la massiccia offensiva
lanciata dagli alleati contro i talebani. Non si riesce a vedere un risultato concreto.
Tra l’altro è stato anche il mese più sanguinoso per gli americani… R.
– Sicuramente l’offensiva non sta funzionando. Sono riusciti a liberare la valle dello
Swat – che era occupata dai talebani - però il problema fondamentale non è la zona
tribale ma l’Afghanistan. Il motivo per il quale il mese è stato particolarmente sanguinoso
è perché i talebani sono armati fino ai denti e combattono in un territorio che conoscono
benissimo. Non dimentichiamo che nessuna potenza straniera è mai riuscita ad avere
la meglio in Afghanistan, proprio a causa del territorio. D.
– Le elezioni presidenziali di agosto attirano molto l’attenzione della Comunità internazionale.
Potrebbero essere un punto importante per qualche cambiamento, per una svolta nel
Paese? R. – Non credo che le elezioni cambieranno molto la situazione.
Il problema fondamentale dell’Afghanistan è che questo modello democratico, osannato
subito dopo la caduta dei talebani, non sta funzionando. Il problema, quindi, non
è tanto quello di capire chi verrà eletto. Si deve ristrutturare tutto l’assetto politico.
E’ chiaro che una democrazia, in un Paese dove lo Stato controlla solamente un piccolissima
parte del territorio, è un sistema che non ha alcun peso specifico. D.
– Il fatto che si sia parlato di terrorismo al vertice dei Paesi non allineati a Sharm
El Sheik può far immaginare una nuova forma di coalizione antiterroristica? R.
– Gli Stati non allineati dovrebbero avere un ruolo molto importante, anzi, un ruolo
di primo piano nella lotta contro il terrorismo: il terrorismo, dall’11 settembre
in poi, è aumentato e continua a mietere vittime, non in Occidente ma in Oriente.
Quindi questi Paesi si sono ritrovati, senza neanche rendersene conto, ad essere il
teatro di queste azioni terroristiche.